Delfini e balene dello Ionio minacciati dagli air gun degli idrocarburi

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Delfino nello Ionio, foto di Jonian Dolphin Conservation

Marevivo ha già raccolto su change.org 45 mila firme nel nome della difesa del mare di Taranto dalla minaccia delle trivelle e ha consegnato stamattina la petizione al Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano. La richiesta al Presidente della Regione Puglia e a tutti i Sindaci coinvolti è di ricorrere al Tar contro il decreto VIA alla Schlumberger e per sollecitare il nuovo Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni a cambiare rotta, rispetto al recente passato e una volta per tutte, sulla politica energetica dell’Italia. “Non temono l’ILVA ed i suoi veleni, vivono in libertà con i propri cuccioli, ma non potranno difendersi dalla nave, armata di cannoni ad aria (gli air gun), che presto esplorerà il Golfo di Taranto alla ricerca del petrolio”. Un riferimento chiaro ai meravigliosi mammiferi marini che vivono nel Mare dello Ionio. Sono in pochi a saperlo ma nel Golfo di Taranto, proprio in quella porzione di mare definita già 30 anni fa con decreto presidenziale “baia storica e naturale”, si trovano centinaia di esemplari di delfini e balene, che ogni giorno si possono facilmente incontrare ed osservare. Ma non per sempre, perché ci sono altre minacce in agguato: a breve, nelle acque del Golfo di Taranto, a soli 13 miglia dalle coste, arriveranno gli air gun per fare ricerca e prospezione di idrocarburi. I cannoni di questa nave non spareranno proiettili, ma bolle d’aria che, determinando onde sismiche, rappresentano il più grave pericolo per la fauna marina. Ma “c’è compatibilità ambientale”, ha decretato il Governo, dando via libera al progetto della società Schlumberger.

Si va a caccia di idrocarburi proprio mentre poche settimane fa, a Marrakech, in Marocco, fervevano i lavori della Cop22, ovvero la ventiduesima Conferenza sul cambiamento climatico, con l’obiettivo di trovare soluzioni al grave problema del riscaldamento globale e mettere fine all’era di tutti i combustibili fossili. Insomma, mentre il mondo cerca alternative al petrolio, la politica energetica del governo italiano, in stridente contrasto con gli impegni presi nel quadro dell’Accordo di Parigi (Cop21), continua a voler trivellare. E per di più in una zona di mare estremamente sensibile per una serie di ragioni, non solo ambientali ma anche di natura economica.

UN ECOSISTEMA A RISCHIO

Questo Golfo è stato eletto come luogo di riproduzione da diverse specie di cetacei. L’utilizzo degli air gun, come da studi a riguardo, può provocare nelle specie marine “cambiamenti nel comportamento, elevato livello di stress, indebolimento del sistema immunitario, allontanamento dall’habitat, temporanea o permanente perdita dell’udito, morte e/o danneggiamento delle larve in pesci ed invertebrati”;

E’ in pericolo l’economia locale: dalla pesca al turismo in generale, inficiando anche progetti di green economy in grado di coniugare tutela ambientale e crescita economica. Un esempio per tutti: la Jonian Dolphin Conservation. E’ una start up di giovani ricercatori che studiano i cetacei del Golfo di Taranto nel Mar Ionio Settentrionale e portano avanti l’attività di dolphin watching, facendo diventare “ricercatori per un giorno” turisti e cittadini, proprio in quella zona che sarà ora interessata dall’utilizzo dell’air gun. Si tratta poi di una decisione in netta contraddizione con il decreto “Salva Taranto”, che prevede il rilancio dell’economia turistica e la riqualificazione ambientale dell’area jonica.

Più forte dell’air gun ci sono solo i terremoti ed i vulcani nel sottosuolo marino.  Prima che i violenti spari di aria compressa ogni 5-15 secondi, con intensità fino a 260 decibel, colpiscano gli “abitanti del mondo sommerso”.