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“La pesca elettrica distrugge l’ambiente marino”: mobilitazione in 13 porti Ue

La striscia

Sono 13 i porti in tutta Europa in cui oggi i pescatori di piccola pesca di diverse nazioni hanno organizzato una mobilitazione nei porti mettendo in atto azioni simultanee di resistenza per protestare contro la pesca elettrica e per rivolgersi ai decisori affinché bandiscano una volta per tutte la pesca elettrica in UE.
E di preciso: IJmuiden (Olanda), Nieuwpoort (Belgio), Lowestoft (GB), Flensburg sul Mar Baltico (Germania) Mandriola e Torre Grande di Oristano (Sardegna, Italia) Boulogne-sur-Mer, Concarneau, Le Guilvinec, Saint Brieuc, Saint Mandrier, La Ciotat e Saint Jean de Luz (Francia).
Pescatori di Italia, Belgio, Francia, Germania, GB e addirittura dell’Olanda hanno deciso di agire insieme ad altri pescatori e a varie ONG per denunciare un metodo di pesca che sta distruggendo l’ambiente marino e sta mettendo a repentaglio la loro stessa sopravvivenza economica.

CqHE COS’È PESCA ELETTRICA
La pesca elettrica è stata vietata in Europa nel 1998 ma nel 2006 la Commissione Europea ha proposto di autorizzarla in virtù di un regime di deroghe previste per casi eccezionali. Questa decisione, che andava palesemente contro il parere scientifico fornito alla Commissione, ha creato il caos: come conseguenza della suddetta decisione, un’intera flotta commerciale si è convertita a un metodo di pesca vietato e distruttivo appoggiandosi su finte licenze per scopi scientifici e di ricerca malgrado il governo, gli scienziati e l’industria della pesca olandesi abbiano pubblicamente dichiarato che queste ricerche o esperimenti non sono mai stati condotti. Il governo olandese e la Commissione Europea sono entrambi colpevoli di aver rilasciato licenze che andavano al di là dei limiti legali previsti.
Dal punto di vista finanziario, la pesca elettrica è diventata il simbolo della faziosità delle autorità pubbliche che hanno favorito una lobby di pescatori politicamente potente e sovra rappresentata. Per salvare la flotta di pescherecci a strascico rapido che era sull’orlo del fallimento, i politici hanno “ribattezzato” un metodo di pesca distruttivo (la pesca elettrica) come “innovativo” permettendo loro non solo di ricorrere a una pesca proibita ma anche di ottenere milioni di euro di aiuti pubblici per attrezzare i pescherecci con gli elettrodi. Il tutto a spese dei contribuenti e dei cittadini Europei.

Le ONG e le organizzazioni dei pescatori hanno chiesto all’Ufficio per la lotta antifrode dell’UE di investigare una potenziale frode nell’ambito della pesca elettrica, producendo un contraddice tutti gli impegni UE sulla sostenibilità, infrange le regole UE sulla trasparenza finanziaria e viola gli obblighi legali che garantiscono un accesso equo alle risorse tra i pescatori. Infine, la pesca elettrica calpesta anche gli obiettivi normativi di ripristino ambientale e uso del denaro pubblico.

“Ma la parte peggiore della questione – si legge in una nota della coalizione delle Ong – è che queste politiche pubbliche sono palesemente responsabili non solo della distruzione dell’ambiente marino ma anche dell’occupazione del settore. E sebbene sia stato ampiamente dimostrato che hanno torto, i decisori, i politici UE e quelli nazionali si ostinano a difendere i peggiori metodi di pesca invece dei migliori. Per esempio, mentre i pescherecci elettrici scartano tra il 50 e il 70% delle catture, i piccoli pescherecci che usano in maniera responsabile le reti da posta scartano al massimo il 6%. Analogamente, per un litro di combustibile consumato, i pescherecci con le reti da posta pescano una quantità di pesce pari a 6 volte (da 2 a 3 chili) quella pescata con gli elettrodi (450 grammi). Nonostante gli ovvi meriti socio economici e ambientali dei metodi usati dai pescatori della piccola pesca, sono i pescatori che praticano la pesca più distruttiva, che implica i maggiori consumi di carburante e che è più onerosa per i contribuenti europei a essere stati ascoltati dai politici. La pesca elettrica rappresenta una vergogna per l’Europa da tutti i punti di vista”.
Nel corso degli anni, l’esaurimento del pesce lungo le coste del Mar del Nord e del Mediterraneo ha portato il settore della piccola pesca sull’orlo del fallimento. A titolo di esempio, tra il 2014 e il 2018, i pescatori con le reti da posta del nord della Francia hanno perso in media il 50% delle catture di sogliole.

“Anno dopo anno – prosegue la nota – le lobby industriali hanno assunto il controllo delle “organizzazioni dei produttori” (che stabiliscono e distribuiscono le quote per la pesca), degli organi di rappresentanza politica, delle strutture di gestione dei porti e della flotte. I piccoli pescatori sono stati lentamente ma decisamente costretti al silenzio, anche perché se osassero parlare, la rappresaglia contro di loro sarebbe feroce (quote, diritti di pesca, licenze, ecc.) Davanti a loro un futuro nero e nessuna luce in fondo al tunnel. E’ stato necessario arrivare a questo livello di disperazione ed essere sull’orlo del fallimento affinché i pescatori denunciassero l’oppressione alla quale sono sottoposti da parte degli operatori industriali nelle loro aree di attività. Oggi sono decisi ad andare fino in fondo e a lottare fino a quando la pesca elettrica non verrà completamente e definitivamente bandita.
La coalizione di ONG e di pescatori ha lanciato una piattaforma collettiva di azione per appellarsi ai decisori: www.stopelectricfishing.org

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