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Ecomondo, al via gli stati generali della green economy
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La striscia

Sono circa 660 mila i nuovi posti di lavoro previsti dallo sviluppo del settore green. È quanto emerge dalla Relazione 2018 sullo stato della green economy, presentata oggi in occasione di Ecomondo e Key Energy di Italian Exhibition Group, da oggi a venerdì alla fiera di Rimini.  L’apertura degli stati generali della green economy è stata introdotta dai saluti di Ugo Ravanelli, CEO di Italian Exhibition Group, che ha ricordato l’impegno del player fieristico che da 22 anni investe e valorizza un sistema che oggi rappresenta una locomotiva potente a cui agganciare la crescita italiana. “Auguro a tutte le imprese del nostro Paese – ha concluso Ravanelli – ormai una su due connesse alla green economy e rappresentate qui in fiera con eccellenza, di poter accelerare in questo processo di transizione verso una economia che magari presto non definiremo più green, perché in realtà sarà l’unica economia possibile”. La Relazione sullo stato della Green Economy ha evidenziato per l’Italia buoni ‘voti’ in economia circolare (è prima fra i grandi Paesi europei), agricoltura biologica ed anche eco-innovazione, ma ha ancora molto da fare sul consumo del suolo, la tutela della biodiversità, la decarbonizzazione. Per tasso di circolarità, l’Italia, con il 18,5%, è prima fra i cinque principali Paesi europei e ha una buona produttività delle risorse (misurata in euro di Pil per kg di risorse consumate) nell’ambito della quale è al secondo posto fra i cinque principali Paesi europei. Edo Ronchi del Consiglio Nazionale della Green Economy ha presentato un pacchetto di misure green su cui indirizzare gli investimenti, pubblici e privati. L’insieme di queste misure, che richiederebbero in media tra 7 e 8 miliardi di investimenti pubblici annui per i prossimi cinque anni, attiverebbe 21,4 miliardi di investimenti privati annui, generando un valore di produzione di 74 miliardi e in media 440 mila nuovi posti di lavoro green ogni anno che, tenendo conto dell’indotto, arriverebbero a oltre 660 mila. I settori a più alto coefficiente occupazionale, considerando i 5 anni, sono le fonti rinnovabili con il 32% del totale degli occupati (circa 702.000 posti di lavoro diretti e indiretti), seguiti dall’agricoltura biologica e di qualità con il 18% del totale degli occupati (circa 393.000 posti di lavoro, in questo caso solo diretti), dalla rigenerazione urbana con il 12% (circa 255.000 posti di lavoro), dall’efficientamento degli edifici con il 9% (oltre 197.000 occupati); dalla riqualificazione del sistema idrico con l’8%  (circa 178.000 posti di lavoro), dalla bonifica dei siti contaminati con il 5% (circa 117.000 posti di lavoro). Completano il quadro, il settore rifiuti incentrato sul passaggio dall’economia lineare a quella circolare con il 5% degli occupati, la mobilità sostenibile e l’eco-innovazione entrambe con il 2% di posti di lavoro e infine la prevenzione del rischio idrogeologico con lo 0,7% degli occupati. Gli Stati Generali proseguiranno anche nella giornata di domani. 

Ecomondo aiuta le aziende del settore green ad affacciarsi sui mercati esteri, quelli dei Paesi emergenti in particolare. L’occasione l’ha offerta l’incontro ospitato nella giornata inaugurale in Sala Noce, organizzato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare insieme a International Finance Corporation (IFC), braccio finanziario del Gruppo della Banca Mondiale, dal titolo “Settore Clima: le opportunità di business nelle regioni del Medio Oriente, Nord Africa e Africa Sub-Sahariana”. Un’occasione per ascoltare non solo gli esperti di IFC e Ministero dell’Ambiente, ma anche per incontri b2b a cui hanno partecipato alcune decine di aziende presenti in questi giorni ad Ecomondo. Un rapporto recente dell’IFC stima in oltre mille miliardi di dollari il valore delle opportunità di business che l’accordo di Parigi sul Clima potrà innescare nei Paesi del Medio Oriente, Nord Africa e Africa Sub-Sahariana di qui al 2030. In particolare, per il Medio Oriente e Nord Africa, il potenziale di investimenti sul clima tra Egitto, Giordania e Marocco è stimato in 265 miliardi di dollari di cui un terzo per le energie rinnovabili, il 55% (146 miliardi) nell’edilizia green, nel settore trasporti e rifiuti. Per l’Africa Sub-Sahariana, invece, la stima è di 783 miliardi di dollari di investimenti potenziali, in particolare in Costa d’Avorio, Kenya, Nigeria e Sud Africa, nel settore delle energie pulite.

Questa mattina Unicircular, che rappresenta ‘le fabbriche dell’economia circolare’, ha consegnato al Ministro dell’Ambiente Sergio Costa una comunicazione nella quale chiede a Governo e Parlamento una modifica al Testo unico ambientale (D.lgs. 152 del 2006) che, in assenza degli auspicati decreti, consenta alle autorità territoriali di rinnovare a scadenza le autorizzazioni esistenti e di rilasciarne di nuove. “Senza questa modifica legislativa – scrive Unicircular – centinaia di impianti autorizzati, che da anni con la loro attività garantiscono le essenziali lavorazioni che consentono all’Italia di raggiungere i risultati straordinari che ci rendono leader europei del riciclo, saranno costretti a chiudere con grave danno per l’ambiente e la perdita di migliaia di posti di lavoro”. Le aziende italiane del riciclo trattano 56,5 milioni di tonnellate di rifiuti ogni anno (escludendo i rifiuti da costruzione e demolizione), pari al 49% di tutti i rifiuti gestiti in Italia. Il valore aggiunto generato dall’industria del riciclo ammonta a più di 12,6 miliardi di Euro e, con le 7.200 unità locali operative, garantisce 135.000 posti di lavoro, riducendo il consumo di materie prime nonché il ricorso a discariche ed inceneritori. Ad oggi solo per vetro, metalli, combustibile da rifiuti e fresato d’asfalto sono state decise le regole europee o nazionali che consentono la trasformazione da rifiuto a risorsa. “È certamente auspicabile – conclude Unicircular – poter disporre di decreti End of Waste a livello nazionale per ogni filiera di riciclo, ma ciò è reso difficile sia dalla grande quantità di filiere esistenti, sia dalla costante evoluzione dei prodotti di partenza, che cambiano frequentemente il mix di materie prime con le quali sono fabbricati, sia dalla necessità di adeguare continuamente gli impianti e i materiali riciclati alle tecnologie innovative e alle richieste del mercato”.

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