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Ilva: Corte Europea condanna l’Italia per “non aver protetto salute e ambiente”
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La striscia

Elena Livia Pennacchioni
Elena Livia Pennacchioni
Vedo il mondo da 1 metro e 60, l'altezza al garrese del mio Attila. Sono l'addetta stampa della biodiversità, romana di nascita e veronese d'adozione, ma con il cuore ha in Umbria. Scrivo di animali, piante e qualche volta di come l'uomo riesce a salvarli!

Taranto ha ottenuto giustizia: poco prima delle 12, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha accolto il ricorso di 180 persone che nel 2013 e 2015 avevano chiamato in causa i giudici di Strasburgo. Le accuse precise da parte dei tarantini imputavano allo Stato Italiano di “non aver adottato tutti gli strumenti giuridici e normativi necessari per garantire la protezione dell’ambiente e della salute dei tarantini ma, al contrario, le leggi emanate e susseguitesi nel tempo, hanno avuto il preciso scopo di tutelare, esclusivamente, gli interessi dell’Ilva”. E ora, la decisione odierna della Prima Sezione della Corte ha riconosciuto la giusta richiesta dei tarantini, dichiarando la violazione degli articoli 8 e 13 da parte dell’Italia.
“Una logica già ampiamente condannata dalla popolazione tarantina – commentano la dottoressa Daniela Spera, promotrice del ricorso, e gli avvocati Sandro Maggio e Leonardo La Porta che hanno fornito assistenza legale ai 180 tarantini che si erano rivolti alla Corte di Strasburgo – soprattutto alla luce dei risultati degli studi scientifici (tra gli altri, lo studio “Sentieri” dell’Istituto Superiore di Sanità) e delle perizie chimico-ambientale ed epidemiologica realizzate dagli esperti incaricati dal Giudice per le Indagini Preliminari, dott.ssa Patrizia Todisco, agli inizi dell’inchiesta sull’Ilva, nel corso dell’incidente probatorio nel procedimento penale c.d. “Ambiente Svenduto”.
E pur rigettando la misura richiesta di fermare l’attività del siderurgico, la Corte ha chiesto che il piano anti-inquinamento sia messo in atto il prima possibile, stroncando di fatto i decreti Salva-Ilva che avevano garantito l’immunità penale ad ArcelorMittal che avrebbero dovuto assicurare la protezione della salute e dell’ambiente.
“La valutazione d’impatto ambientale (VIA) e la valutazione d’impatto sanitario (VIS) – interviene Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale – dovrebbero essere i mattoni fondanti su cui costruire attività sostenibili per l’ambiente e per la salute umana. A Taranto si è data negli anni priorità al lavoro: oggi l’Italia tutta ne paga le conseguenze e a Taranto si continua a morire. È necessario un cambio di rotta che passi attraverso una innovazione green su base scientifica validata. Perchè salute, ambiente e lavoro possano convivere e a Taranto essere ristabiliti i diritti civili della popolazione”.
Ed è proprio la Società Italiana di Medicina Ambientale ad aver chiamato a raccolta la popolazione pugliese lo scorso 21 Novembre, dando appuntamento per una giornata aperta alla società civile, associazioni e a tutti i soggetti a vario titolo interessati e coinvolti. L’obiettivo era ridare voce ai bambini tarantini, primi tra tutti ad essere stati privati anche del Diritto di sognare. Oggi la Corte Europea ha dato loro ragione.

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