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Il caso cannabis, tra restrizioni e nuove frontiere della green economy
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La striscia

Non solo fumo: la coltivazione della cannabis in Italia riguarda soprattutto esperienze innovative, con produzioni che vanno dalla ricotta agli eco-mattoni isolanti, dall’olio antinfiammatorio alle bioplastiche, dai cosmetici all’alimentare. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare la decisione restrittiva presa dalle sezioni unite penali della Cassazione che rischia di frenare un settore in grande sviluppo in tutto il mondo. Una sentenza che già Federcanapa – la federazione degli imprenditori di questo settore – ieri aveva tenuto a chiarire: “Non determina a nostro parere la chiusura generalizzata dei negozi. Il testo della soluzione afferma infatti che la cessione, vendita e in genere la commercializzazione al pubblico di questi prodotti è reato “salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante”. Pertanto la Cassazione ha ritenuto che condotte di cessione di derivati di canapa industriale privi di efficacia drogante non rientri nel reato di cui all’art. 73 del testo Unico sugli Stupefacenti. E sul punto, da anni, la soglia di efficacia drogante del principio attivo THC è stata fissata nello 0,5% come da consolidata letteratura scientifica e dalla tossicologia forense. Pertanto non può considerarsi reato vendere prodotti derivati delle coltivazioni di canapa industriale con livelli di Thc sotto quei limiti”.
E d’altronde in Italia nel giro di cinque anni – sottolinea la Coldiretti – sono aumentati di dieci volte i terreni coltivati a cannabis sativa, dai 400 ettari del 2013 ai quasi 4000 stimati per il 2018 nelle campagne dove sono centinaia le aziende agricole che hanno investito nella coltivazione, dalla Puglia al Piemonte, dal Veneto alla Basilicata, ma anche in Lombardia, Friuli v.g. Sicilia e Sardegna. Questo apre la commercializzazione di numerosi prodotti, senza limitarne la vendita ai cosiddetti “Cannabis shop”.

TUTTI GLI IMPIEGHI
Tante sono infatti le varianti della canapa nel piatto, dai biscotti e dai taralli al pane di canapa, dalla farina di canapa all’olio, ma c’è anche chi usa la canapa per produrre ricotta, tofu e una gustosa bevanda vegana, oltre che la birra. Dalla canapa si ricavano oli usati per la cosmetica, resine e tessuti naturali ottimi sia per l’abbigliamento, poiché tengono fresco d’estate e caldo d’inverno, sia per l’arredamento, grazie alla grande resistenza di questo tipo di fibra. Se c’è chi ha utilizzato la canapa per produrre veri e propri eco-mattoni da utilizzare nella bioedilizia per assicurare capacità isolante sia dal caldo che dal freddo, non manca il pellet di canapa per il riscaldamento – continua Coldiretti – che assicura una combustione pulita.
E’ in realtà, rileva la Coldiretti, un ritorno per una coltivazione che fino agli anni ‘40 era più che familiare in Italia, tanto che il Belpaese con quasi 100mila ettari era il secondo maggior produttore di canapa al mondo (dietro soltanto all’Unione Sovietica). Il declino, spiega la Coldiretti, è arrivato per la progressiva industrializzazione e l’avvento del “boom economico” che ha imposto sul mercato le fibre sintetiche, ma anche dalla campagna internazionale contro gli stupefacenti che ha gettato un ombra su questa pianta. ll Governo italiano nel 1961 sottoscriveva una convenzione internazionale chiamata “Convenzione Unica sulle Sostanze Stupefacenti” (seguita da quelle del 1971 e del 1988), in cui la canapa sarebbe dovuta sparire dal mondo entro 25 anni dalla sua entrata in vigore mentre nel 1975 esce la “legge Cossiga” contro gli stupefacenti, e negli anni successivi gli ultimi ettari coltivati a canapa scompaiono.
“Oggi c’è un diffusa consapevolezza internazionale delle opportunità che possono venire da queste coltura ed è pertanto necessario è necessario su un tema così delicato l’intervento del Parlamento” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare la necessità di tutelare i cittadini senza compromettere le opportunità di sviluppo del settore

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