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Dall’ inquinamento atmosferico al consumo di suolo, il rapporto Ispra sull’ambiente in città
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La striscia

Continuano i superamenti del PM10 nelle città italiane: i dati preliminari, aggiornati al 10 dicembre 2018, mostrano valori oltre la norma in 19 aree urbane con Brescia capofila dei superamenti e Viterbo che, almeno finora, non ha mai oltrepassato il limite. E’ il primo dato dell’edizione 2018 del Rapporto ISPRA-SNPA “Qualità dell’Ambiente Urbano”, presentato questa mattina al Senato. Il lavoro, che analizza l’ambiente in 120 città e 14 aree metropolitano, quest’anno dedica il focus alle esperienze innovative.

In quanto ad inquinamento atmosferico però, non mancano i segnali positivi: è infatti in atto una significativa tendenza alla riduzione dei livelli di emissione di PM10 primario, quello direttamente emesso dal riscaldamento domestico e dai trasporti, ma anche dalle industrie e da alcuni fenomeni naturali, che si riduce del 19% in 10 anni.

È invece ancora pericolo frane e alluvioni: il 3,6% delle città in cui risiedono quasi 190 mila abitanti, rientra nelle classi a maggiore pericolosità per frane mentre i Comuni con più abitanti a rischio frana sono Napoli, Genova, Catanzaro, Chieti, Massa e Palermo.

Nota decisamente negativa se si parla di consumo di suolo: solo tra il 2016 e il 2017, sono circa 650 gli ettari di territorio perso, con un costo complessivo, in termini di perdita dei principali servizi ecosistemici valutato tra i 215 e i 270 milioni di euro. Il comune di Roma, da solo, nello stesso periodo perde un valore tra i 25 e i 30 milioni di euro. E proprio nella Capitale si verificano fenomeni di sprofondamento dove, solo negli ultimi 10 mesi del 2018 si registrano ben 136 voragini.

Buoni i risultati per quanto riguarda lo stato chimico delle acque: il 40% delle città ha tutti i corpi idrici nel proprio territorio in stato “Buono” e solo il 13% in stato “Non Buono”. Storia diversa per i pesticidi nelle acque superficiali che rivelano concentrazioni superiori ai limiti normativi in 24 comuni sui 65 esaminati, mentre per le acque sotterranee il 7,3% dei punti, presenta concentrazioni sopra ai limiti consentiti. Nei Comuni indagati sono state riscontrate 187 sostanze diverse rispetto alle 396 cercate. Nel 2017, il 95% delle acque di balneazione italiane (marine, lacustri e fluviali) si classificano in classe eccellente e buona, ma l’1% rimane in classe scarsa. Per quanto riguarda il rischio da proliferazione cianobatterica, in alcune acque lacustri, si osserva la presenza di diversi generi potenzialmente tossici, tra le quali la microcistina risulta la cianotossina più diffusa nelle acque dolci.

Resta scarsa al 2017 l’incidenza delle aree verdi pubbliche sul territorio comunale, con valori inferiori al 4% in 84 delle 116 città per cui è disponibile il dato. La maggioranza dei Comuni indagati ha una disponibilità di verde pubblico pro capite compresa fra i 10 e i 30 m2/ab e le tipologie di verde più diffuse sono quello attrezzato e quello storico, seguite dalle aree boschive e dal verde incolto. Rimane molto scarsa anche la pianificazione del verde: appena 10 Comuni hanno approvato un Piano del verde, a segnalare la difficoltà dei Comuni italiani a riconoscere il verde quale elemento strutturale e funzionale strategico di resilienza urbana. Il 2018 segna però la nascita del primo elenco nazionale degli alberi monumentali: in 60 comuni sui 120 analizzati è stato censito almeno un albero monumentale per un totale di 413 segnalazioni. A scala metropolitana il totale degli alberi monumentali ammonta a 456 localizzati in tutte le città metropolitane eccetto Messina.

Per concludere, si rafforza lo sharing mobility che, nell’ultimo triennio, aumenta il numero delle vetture in condivisione mettendo a disposizione 48 mila unità delle quali l’83% biciclette.

 

 

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