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Parte dall’Aspromonte la rete per salvare i boschi vetusti d’Appennino
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La striscia

Una rete di monitoraggio permanente, specifici rilievi forestali e botanici, mappatura e georeferenziazione di ogni singola pianta arborea. Entra nel “vivo” l’azione di Sistema svolta dal Parco Nazionale dell’Aspromonte in partnership con gli altri Parchi nazionali del Sud Italia per creare una vera e propria “rete” di boschi vetusti nell’ambito dell’Appennino meridionale italiano.
Solo nel Parco dell’Aspromonte sono presenti 6 siti, ognuno dei quali caratterizzato da peculiarità uniche nel loro genere. Qui, ogni 5 anni, saranno misurati i parametri strutturali delle specie arboree, così da ottenere informazioni sull’evoluzione di questi ecosistemi complessi con l’obiettivo di affinare ulteriormente le conoscenze delle moderne scienze forestali, volte a coniugare la gestione selvicolturale con le esigenze ecologiche dei boschi.

I VETUSTI D’ASPROMONTE
Tra questi preziosi tesori di biodiversità, unico nel suo genere è il bosco “Mancuso”, a San Luca: si tratta di un pregevole esempio di fustaia di leccio che si estende su una superficie particolarmente ampia (circa 50 ettari). Sempre a San Luca, troviamo Ferullà, un bosco d’alto fusto misto di leccio e farnetto: quest’ultima specie, una quercia dalle larghe pagine fogliari, è caratteristica dell’area ionico – meridionale del Parco. La bellezza di questo sito è ulteriormente accresciuta dalla maestosa presenza dei vicini geositi internazionali della Vallata della Grandi Pietre. Il Bosco di pino calabro più importante del Parco si trova presso Acatti (San Luca), ed è costituito da una pineta naturale caratterizzata da individui di maestose dimensioni dove è presente anche, su piccole superfici, la rovere meridionale. Una faggeta, in parte mista ad abete bianco, ma anche con presenza di acero, è Valle Infernale (San Luca): si trova in una delle aree più interne e isolate del Parco ed è ricca di habitat per mammiferi come il lupo, capriolo e martora ma anche per entomofauna saproxilica (quella legata al legno morto). Si tratta di un ambiente alquanto impervio che, proprio per la sua difficile accessibilità, è stato risparmiato dalle azioni di prelievo di legname. Questa circostanza ha favorito la creazione di particolari nicchie ecologiche che, unitamente ad elevati gradi di eterogeneità di composizione e di organizzazione nello spazio orizzontale e verticale (complessità strutturale), rappresentano un enorme contenitore di biodiversità. Bosco misto faggio-abete, localizzato tra Gambarie e la Diga del Menta, è quello di Tre Limiti (Roccaforte del Greco). Infine, ma non per importanza, Pollia (San Luca), un bosco di rovere meridionale, specie tipica e caratteristica del territorio aspromontano che, durante l’ultima glaciazione, ha fornito rifugio a parecchie specie, favorendo addirittura la nascita di nuove entità.

Un patrimonio naturale di enorme importanza, ma anche una testimonianza relitta dell’aspetto del nostro territorio nel passato che tutti noi abbiamo l’onere di proteggere quali preziose realtà della nostra terra.

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