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Acqua sicura: tutti gli inquinanti che minacciano ecosistemi e salute
A

La striscia

Accesso all’acqua sicura, un tema che non si esaurisce con le celebrazioni della recente Giornata Mondiale dell’Acqua ma che continua la sua corsa verso la disponibilità di mezzi e metodi per far fronte ad una reale emergenza in tutto il Mondo. A fare il punto Vito Felice Uricchio, direttore dell’Istituto di Ricerca sulle Acque (IRSA) del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

“Sono 2,1 i miliardi di persone – ovvero il 30% della popolazione mondiale – a non avere acqua potabile in casa, mentre circa di 4,5 miliardi non dispongono di servizi igienici sicuri. Ad oggi circa 870 milioni di persone utilizzano acqua contaminata ed 840.000 persone ogni anno muoiono per tale motivo, tra essi decedono ogni giorno circa 1.000 bambini al di sotto dei 5 anni”. Si tratta di una situazione particolarmente sentita in oltre 90 Paesi, aggravata da conflitti che hanno interessato ed interessano gli abitanti dello Yemen, Siria, Gaza, Mosul in Iraq; conflitti che hanno portato alla distruzione di infrastrutture idriche, ospedali nonchè alla chiusura ad intermittenza dei principali punti di rifornimento di beni di prima necessità, tra cui l’acqua. “L’acqua è diritto fondamentale e irrinunciabile per ogni abitante del nostro pianeta – prosegue Vito Felice Uricchio – e è oggi ulteriormente minacciata dagli effetti dei cambiamenti climatici globali, dall’aumento della popolazione, da sprechi che riducono le disponibilità di acqua dolce e soprattutto da inquinanti, poco considerati, che producono maggiori difficoltà di accesso alla risorsa in buono stato qualitativo. Occorre considerare che l’acqua costituisce un unicum nel nostro Pianeta e che tutti siamo chiamati a collaborare perché l’assenza di risposte corali, l’indifferenza, l’erronea percezione delle dimensioni del problema e la mancanza di visione globale determinano danni che possono assumere connotazioni di irreversibilità.Oggi, recuperiamo e stocchiamo poca acqua piovana (11%) e ne riutilizziamo ancora meno, così come per le nostre acque grigie; sprechiamo molta acqua prelevata dai corpi idrici (23%); riutilizziamo solo l’1% dell’acqua depurata; investiamo importi di poco superiori a 30 euro pro-capite in infrastrutture idriche contro i 100 euro della media europea”. E’ necessario dunque puntare su risparmio, recupero e riciclo. Le cifre della dispersione idrica sono significative, va perso circa il 41% dell’acqua immessa giornalmente nelle reti di distribuzione a causa dell’insufficienza degli interventi manutentivi. “Consumiamo in media 220 litri di acqua per abitante contro una media nord-europea di 190 litri”, spiega ancora Uricchio. Ma non solo, si pone anche il problema della qualità delle nostre acque dolci.

PAESE ITALIA, ACQUA SICURA?
“A livello nazionale lo stato ecologico del 43% dei fiumi raggiunge l’obiettivo di qualità, mentre per i laghi la percentuale scende al 20%. Relativamente allo stato chimico invece, il 75% dei fiumi presenta uno stato buono, il 7% non buono, il 18% non classificato. Infine per le acque sotterranee, lo stato chimico del 57,6% dei corpi idrici sotterranei è in classe “buono”, il 25% in classe scarso e il restante 17,4% non ancora classificato.

I PFAS
Ma sulla qualità delle acque incombono numerose minacce ben documentate da qualche milione di pubblicazioni scientifiche internazionali che riferiscono di circa 9.420 interferenti endocrini (ftalati, bisfenolo A, PBDE, alchilfenoli, etere di difenile polibromurato (PBDE) e policlorobifenili (PCB), etc.) che sono corresponsabili di obesità, infertilità, dismetabolismo dei lipidi, danni genetici secondari e casi di cancro. Tra essi possiamo citare i PFAS (sostanze perfluoroalchiliche) che nelle sole province di Vicenza, Verona e Padova hanno provocato un danno ambientale che è stimabile in circa 136,8 milioni di euro. Il “caso PFAS” è scoppiato in Veneto nel 2013 a causa di una ricerca sperimentale condotta dal CNR-IRSA e dal Ministero dell’Ambiente su potenziali inquinanti “emergenti”. Le analisi effettuate nel bacino del Po e nei principali fiumi italiani segnalarono la presenza di sostanze perfluoro alchiliche (Pfas) in acque sotterranee, superficiali e potabili. Gli studi in corso presso l’IRSA hanno evidenziato come esista per tutti i laghi subalpini, pur in assenza di specifiche sorgenti, una contaminazione diffusa, con conseguente bioaccumulo di PFOS e PFAS a lunga catena nei pesci, che non supera però lo standard di qualità europeo con l’eccezione del Lago Maggiore, per il quale è necessario uno studio per individuare la sorgente di inquinamento. Analoghi approfondimenti sono in corso per valutare l’eventuale trasferimento di PFAS nella catena alimentare terrestre attraverso l’irrigazione delle colture agricole.

NEUROTOSSINE
In aggiunta nelle acque, e quindi negli alimenti, possiamo rinvenire anche le cosiddette sostanze neurotossiche: sono circa 1200 e sono molecole capaci di agire sullo sviluppo del cervello e possono comportare disturbi dell’apprendimento, disturbi da deficit di attenzione e riduzione del QI e della memoria, disturbi dell’emozionalità che influenzano le prospettive individuali di un’intera esistenza con particolare riferimento alla qualità della vita ed alle relazioni sociali. Le sostanze neurotossiche possono manifestare effetti anche su malattie neurodegenerative gravi quali Alzheimer, Parkinson, Autismo. Le sostanze neurotossiche, che purtroppo spesso rinveniamo nelle acque, principali includono fluoro, manganese, tetracloroetilene, DDT, piombo e metilmercurio, ftalati e bisfenolo oltre a numerosi fitofarmaci.

PESTICIDI
Come noto i pesticidi (insetticidi, acaricidi, fungicidi, etc.) sono caratterizzati da un suffisso “cida” che significa “capace di uccidere” gli organismi che sono il loro bersaglio (insetti, acari, funghi, etc.). Per farlo devono essere in grado di interferire con strutture o funzioni degli organismi nocivi (funghi, insetti, muffe etc.) che, però, sono spesso presenti anche in altre specie, incluso l’uomo. Questo fa sì che la maggior parte delle sostanze utilizzate come pesticidi possa avere effetti tossici anche su organismi che non sono il loro diretto bersaglio. L’Italia, la terra promessa dei pesticidi, con quasi sessanta milioni di chilogrammi di pesticidi venduti, è in terza posizione preceduta da Spagna e Francia e seguita dalla Germania: questi quattro Paesi da soli rappresentano il 79 % del totale dei pesticidi venduti in Europa. I pesticidi, oltre a determinare effetti neurotossici, sono interferenti endocrini e possono provocare infertilità.
“Alcuni di questi fitofarmaci sono estremamente persistenti nell’ambiente” – dichiara Uricchio – “alla diminuzione delle vendite però non corrisponde un’analoga diminuzione della frequenza di pesticidi nelle acque. Negli ultimi anni si è riscontrato un aumento del 20 % nelle acque superficiali e del 10 % in quelle sotterranee, un dato allarmante legato alla persistenza delle sostanze chimiche ma anche a canali illegali di possibili traffici illeciti di tali sostanze”.

MICROPLASTICHE
Anche le microplastiche rappresentano un problema per l’inquinamento delle acque a causa delle loro capacità di diventare microassorbitori e vettori di metalli pesanti e vari interferenti endocrini come ftalati, bisfenolo A, PBDE, alchilfenoli, etere di difenile polibromurato (PBDE) e policlorobifenili (PCB), etc. oltre che di numerosi fitofarmaci e farmaci, riversati in grandi quantità negli ambienti acquatici.

MOLECOLE RESISTENTI
Ulteriore elemento di “inquinamento” che affligge la salute delle acque e che esprime un pericoloso potenziale per la salute umana e per l’ambiente è la cosiddetta “antibiotico resistenza”. L’antibiotico resistenza è una forma di inquinamento ed è una delle principali emergenze sanitarie mondiali che dipende dal rilascio nell’ambiente di determinanti di resistenza (molecole di antibiotici, geni di resistenza, batteri resistenti). Sulla base di una serie sempre crescente di evidenze scientifiche l’Organizzazione Mondale della Sanità ha dichiarato prioritario un approccio di “one-health” (la salute dell’uomo è strettamente legata a quella degli animali e dell’ambiente). E’ ormai appurato che l’ambiente antropizzato diventa una riserva a lungo termine di resistenze di origine antropogenica che produce come effetto l’inefficienza degli antibiotici: condizione che ogni anno produce 33.000 decessi in Europa dei quali 10.000 in Italia (il peso di questi effetti è paragonabile a quello di influenza, tubercolosi e HIV-AIDS messi insieme). Le misure da adottare per contenere questo pericoloso fenomeno fanno riferimento al contenimento di impego di antibiotici (soprattutto in ambito zootecnico), alla implementazione di sistemi di trattamento dei reflui zootecnici e civili utilizzando sistemi biologici e terziari di nuova concezione.

Oggi IRSA collabora con i vari livelli Istituzionali Europei e Nazionali per la normazione orientata al miglioramento della qualità delle acque ed al contenimento delle contaminazioni, anche ampliando le categorie di possibili inquinanti delle acque destinate alla potabilizzazione da inserire nei monitoraggi, ai fini del superamento dell’approccio “too late, too little”. IRSA è impegnata in attività prioritizzazione degli inquinanti emergenti (in particolare i farmaci, fitormarmaci e i prodotti per la cura della persona e per la casa), presenti nelle acque destinate alla potabilizzazione, sviluppando metodi di screening target (cioè su liste predefinite di migliaia di composti) e non-target (per la ricerca di incogniti) mediante tecnologie analitiche avanzate basate sulla spettrometria di massa ad alta risoluzione. Ulteriori ricerche in corso riguardano la valutazione degli effetti combinati delle sostanze chimiche inquinanti sotto soglia sull’ambiente e la salute umana aprendo la strada alla valutazione integrata degli effetti cumulativi delle sostanze chimiche.

“Infine, occorre richiamare l’attenzione – conclude Uricchio – sulla tutela degli ecosistemi acquatici in quanto se è vero che l’accesso gratuito e continuo all’acqua è un diritto inalienabile, risulta fondamentale garantire la qualità dell’acqua disponibile, prima di tutto per il consumo umano e poi per tutte le attività che grazie ad essa si sviluppano. Per preservare o recuperare i servizi ecosistemici sempre più messi a dura prova dai cambiamenti climatici e dal sovrasfruttamento della risorsa idrica, è necessario ripristinare un ciclo dell’acqua più vicino a quello naturale, rispettando i tempi di ricarica delle falde e di “autodepurazione” delle stesse, il deflusso ecologico e favorendone un uso razionale e rispettoso. Il futuro del nostro pianeta è nella nostra capacità di preservare la risorsa idrica ed adattarci al cambiamento climatico, di trovare metodi e strategie per monitorare gli ecosistemi acquatici nel tempo, migliorandone o preservandone la qualità anche attraverso soluzioni tecnologiche innovative”.

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