“Occorre fermare la svendita del Parmigiano Reggiano ai francesi per non ripetere gli stessi errori commessi in passato con la cessione della Parmalat alla Lactalis”. E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel commentare con preoccupazione le trattative in corso per l’acquisizione della Nuova Castelli da parte della multinazionale francese Lactalis che negli anni si è già comperata i marchi nazionali Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani e Cadermartori e detiene circa 1/3 del mercato nazionale in comparti strategici del settore lattiero caseario. L’operazione – sottolinea la Coldiretti – rafforzerebbe l’egemonia francese mettendo le mani su prodotti italiani a denominazione di origine (Dop) più venduti nel mondo, dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano, fino al Gorgonzola, al Taleggio, alla Mozzarella di bufala campana e al Pecorino Toscano. La Nuova Castelli è tra l’altro il principale esportatore italiano di Parmigiano Reggiano ed è una realtà specializzata nella distribuzione di prodotti alimentari con oltre 1.000 dipendenti distribuiti su circa 20 impianti in Italia e all`estero. Nel 2018 la società ha avuto un giro d`affari di 460 milioni. La difesa dei marchi storici è necessaria perché – afferma Prandini – si tratta spesso del primo passo della delocalizzazione che si realizza con lo spostamento all’estero delle fonti di approvvigionamento della materia prima agricola e con la chiusura degli stabilimenti e il trasferimento di marchi storici e posti di lavoro fuori dai confini nazionali. In questo caso – precisa Prandini – l’interesse nazionale è anche legato alla tutela delle denominazioni dalle falsificazioni che si moltiplicano nei diversi continenti con Grana Padano e Parmigiano Reggiano che sono i prodotti agroalimentari piu’ imitati nel mondo che diventa Parmesan dagli Stati Uniti all’Australia, Parmesano in Uruguay, Reggianito in Argentina o Parmesao in Brasile o altro anche più fantasioso senza dimenticare i formaggi similari che si moltiplicano anche in Europa. La tutela dei marchi storici è una necessità per l’agroalimentare Made in Italy dopo che ormai – conclude la Coldiretti – circa 3 su 4 sono già finiti in mani straniere e vengono spesso sfruttati per vendere prodotti che di italiano non hanno più nulla, dall’origine degli ingredienti allo stabilimento di produzione.