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Se la conservazione delle tigri sfratta le tribù umane dalle foreste indiane
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La striscia

Due comunità indigene, rinomate per la loro capacità di raccogliere il miele, hanno scritto alle autorità statunitensi sollecitandole a non sostenere un progetto conservazionista che potrebbe comportare lo sfratto della tribù dalle sue foreste ancestrali. In India, gli abitanti del villaggio, membri del popolo Jenu Kuruba (“raccoglitori di miele”), si oppongono al finanziamento, da parte dell’US Fish and Wildilife Service, di un progetto concepito per le loro terre, nello stato di Karnataka, sede della Riserva delle Tigri di Nagarhole.

I Jenu Kuruba, che hanno alimentato e convissuto per generazioni con la flora e la fauna uniche della Riserva delle Tigri di Nagarhole
I Jenu Kuruba, che hanno alimentato e convissuto per generazioni con la flora e la fauna uniche della Riserva delle Tigri di Nagarhole

Il progetto è in collaborazione con WCS India (Wildlife Conservation Society) e il suo primo obiettivo è quello di “facilitare il trasferimento volontario, finanziato dal governo, delle famiglie che vivono all’interno della foresta verso nuove aree al di fuori della stessa”. Ma i Jenu Kuruba sono determinati a rimanere, e ritengono che usare in questo modo il denaro del governo degli Stati Uniti equivalga ad “aiutare ed essere complici dei piani del governo e di WCS per sfrattarci dalle nostre foreste”. In precedenza, altri Jenu Kuruba erano già stati sfrattati da Nagarhole, dove WCS-India ha lavorato per decenni. Hanno dichiarato a Survival – il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni – di essere stati costretti al “trasferimento volontario” dopo essere stati lasciati senza possibilità di scelta perchè vivere nella foresta era stato reso impossibile. Uno di loro lo ha descritto come “una specie di tortura”.

Gurumala, uomo Jenu Kuruba sfrattato circa 30 anni fa dalla Riserva delle Tigri di Bandipur.
Gurumala, uomo Jenu Kuruba sfrattato circa 30 anni fa dalla Riserva delle Tigri di Bandipur.

“Una volta, i nostri bambini erano indipendenti e liberi. L’intera comunità era loro insegnante” ha dichiarato a Survival Gurumala, un uomo Jenu Kuruba sfrattato circa 30 anni fa da una vicina riserva delle tigri. “Dopo l’arrivo del governo, abbiamo perso tanto. Ci hanno portato fuori dalla foresta e hanno limitato le nostre vite. Adesso i nostri bambini non sono più liberi. Mi rattrista che debbano vivere in questo modo. Mi sento molto triste nel raccontare ai nostri figli e nipoti della vita nella foresta al passato, come fosse una vecchia storia”.
Le ricerche di Survival hanno classificato i “trasferimenti volontari” dei popoli indigeni dalle riserve delle tigri, sostenuti dal governo, come sfratti forzati, e pertanto illegali sia secondo la legge indiana sia secondo quella internazionale. La lettera dei Jenu Kuruba giunge a qualche settimana dall’inizio delle indagini della House Committee on Natural Resources del governo USA sul ruolo giocato da WCS in merito ai contributi per la conservazione collegati ad abusi dei diritti umani. In dicembre la commissione ha scritto a Christián Samper, presidente e CEO di WCS, chiedendogli se WCS fosse “consapevole del verificarsi di abusi di diritti umani, del finanziamento di eco-guardie o forze dell’ordine che hanno commesso abusi dei diritti umani, e delle politiche riguardanti i diritti dei popoli indigeni e locali”. Un membro del Congresso statunitense ha anche presentato un disegno di legge che proibirebbe al governo di finanziare gruppi internazionali per la conservazione che sovvenzionano o sostengono violazioni di diritti umani.
“Per molto tempo, i popoli indigeni sono stati ritenuti ‘usa e getta’ o semplicemente un fastidio per le grandi ONG della conservazione che volevano cacciarli dalla loro terra” ha dichiarato oggi Stephen Corry, Direttore generale di Survival International. “Ma adesso, almeno alcuni di loro possono esercitare pressioni sui finanziatori governativi che stanno dietro i progetti, che normalmente svolgono un lavoro di conservazione peggiore rispetto a quello degli abitanti originali. I governi non dovrebbero finanziare il furto illegale di terra e le ONG per la conservazione devono imparare a trattare le persone con rispetto. I tempi stanno cambiando!”

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