L’associazione interazione “People for the Ethical Treatment of Animals” (Peta) Asia ha riscontrato continue irregolarità nei “wet market” asiatici: in Thailandia e in Indonesia questi luoghi di traffici di animali selvatici non sembrano affatto chiusi, anzi. Alcune immagini mostrano animali in condizioni terribili, animali mutilati, macellati sul posto senza alcun rispetto per l’igiene e per le norme di benessere animale, spazzate via da un fiume di sangue, escrementi, sporcizia che invade i banchi di questi mercati all’aperto, già sanzionati in passato ma aperti con sprezzo per il rispetto della comunità internazionale.
I cosiddetti “mercati umidi” sono già stati individuati dalla comunità scientifica internazionale come origine dello spillover tra animali ed esseri umani di numerose malattie, come la Sars o il Mers, fonte di epidemie che solo per puro caso non si sono trasformate in pandemie globali come il COVID-19. Anche questo Coronavirus sembra essere passato dall’animale all’uomo proprio all’interno dei mercati umidi, in questo caso specifico a Wuhan, in Cina. Nonostante i divieti e nonostante il pericolo enorme per l’intera comunità internazionale, i mercati umidi continuano a rimanere aperti e a costituire quindi un rischio per salute, animali allevati e selvatici e per l’ambiente. Animal Equality supporta Peta Asia in questa denuncia e rilancia la petizione rivolta alle Nazioni Unite per chiedere la chiusura immediata di tutti i wet market in tutto il mondo. La petizione ha già raccolto quasi 250.000 adesioni in Italia, oltre 450.000 in tutto il mondo. “È necessario instaurare subito un processo che porti alle dismissione di questi mercati – si legge in una nota di Animal Equality – fornendo alla popolazione locale sistemi di sussistenza alternativi, che rispettino ambiente, animali e norme igieniche, onde evitare future pandemie, che con queste premesse non tarderanno ad arrivare”.