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La “ricostruzione” e la “transizione ecologica” fanno squadra: sorge l’hotel a 3 piani ai Pantani di Accumoli
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La striscia

Elena Livia Pennacchioni
Elena Livia Pennacchioni
Vedo il mondo da 1 metro e 60, l'altezza al garrese del mio Attila. Sono l'addetta stampa della biodiversità, romana di nascita e veronese d'adozione, ma con il cuore ha in Umbria. Scrivo di animali, piante e qualche volta di come l'uomo riesce a salvarli!

L’ultimo incontro con la Regione Lazio ha rinviato la questione alla responsabilità e all’interesse del Comune di pertinenza ma intanto, il progetto per l’hotel a 3 piani sul bordo dei laghetti glaciali di Accumoli (Rieti) procede in fase esecutiva. Nel nome della transizione ecologica, mentre i terremotati vivono ancora nei container, la ricostruzione si dice che passi per la “ripresa della fruizione dei territori”, che non è altro che la foglia di fico perfetta per incassare l’indotto del “turismo mordi-e-fuggi”: nella vallata tra i Monti Sibillini e i Monti della Laga, sono previsti ventuno posti letto, una reception, un bar, un ristorante, un solarium, locali di servizio e parcheggio esterno. Un ecosistema di confine sull’Appennino Centrale, dove le Marche, l’Umbria e il Lazio si uniscono da secoli in incontaminato punto d’incontro per uomini e animali, che qui arrivano in gruppi ordinati allo stato brado per abbeverarsi.

I lavori per la posa dell’asfalto sul tratturo parte del Sentiero Italia, fonte: https://salviamoipantani.blogspot.com/

A nulla sono valsi due anni di proteste e petizioni di residenti e associazioni riunite in un Coordinamento: già nel 2019 fu ampliata la strada che Accumoli porta fino ai Pantani, tanto da cementificare anche 400 metri di tratturo che cade non solo in un Sito di interesse comunitario (Sic) e Zona speciale di conservazione (Zsc), ma che combacia anche con una parte del Sentiero Italia; poi nell’aprile del 2021, sempre il Comune di Accumoli ha deliberato l’approvazione del progetto “immediatamente eseguibile” per la costruzione dell’edificio con un finanziamento pubblico di 850.000 euro da parte della Regione Lazio. A chiusura del cerchio, in un momento in cui la ricostruzione deve praticamente ancora partire dopo 5 anni dal terribile terremoto del 2016 che distrusse non solo Accumoli, ma anche Arquata del Tronto, Castelluccio di Norcia, Pieve Torina e molti altri piccoli paesi, sarebbero davvero molti i rifugi (quelli veri, più piccoli e compatibili) da ricostruire. Insomma, dove fino ad oggi pascolavano le mandrie in un buon equilibrio tra agricoltura e habitat, dove passavano gli uccelli in migrazione stagionale e si conducevano escursioni compatibili con l’ecosistema presente, giungeranno le automobili e i turisti con le loro necessità di consumo, interessati più al solarium che al silenzio e più ai selfie bucolici che all’ascolto dei luoghi d’intorno. Non una teoria pessimistica ma un dato di fatto immancabile, dal momento che la delibera trasforma anche la destinazione d’uso del terreno da agricola montana (E2) ad area per “Servizi Pubblici/Attrezzature ed iniziativa di interesse generale”, stravolgendo per sempre la vocazione di queste terre.

“Bisogna continuare a difendere i Pantani di Accumuli”, scrive su Facebook Paolo Piacentini, presidente di Federtrek da subito impegnato nel Coordinamento di difesa. “Purtroppo l’incontro con la Regione Lazio è andato male, non vogliono capire nonostante le mille ragioni serie e costruttive messe in campo. Urge un’altra manifestazione (dopo quella partecipatissima del maggio scorso nda)”. Ma poi lo sconforto ha la meglio: “Tristezza ed amarezza per altro cemento inutile nel cuore dell’Appennino. Altro che PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) per i giovani e la sostenibilità. Ho i capelli bianchi e cammino in Appennino da 40 anni incontrando associazioni, comitati, sindaci ed assessori ma non mi era mai capitato di ascoltare giustificazioni che hanno ignorato completamente le mille richieste di confronto messe in campo in un lungo incontro a più voci. La cosa che più mi ha lasciato nello sconcerto è l’aver ascoltato come giustificazione più vincolante, quella sull’inevitabile rispetto da parte della Regione delle volontà dell’amministrazione comunale. Ma la Regione non dovrebbe avere un ruolo di pianificazione e semmai accompagnare, in base ad una  programmazione d’area vasta, quelli che sono i progetti territoriali sostenibili? Dove sta la scelta del modello di sviluppo regionale se ci si affida ciecamente alla volontà dei comuni? Dove sta la politica, quella alta, fatta di scelte visionarie?”.

Ce lo chiediamo anche noi, insieme ai molti dubbi che ci assalgono se solo pensiamo a come e come verranno spesi i soldi del PNNR per le misure ambientali, se questi sono i presupposti.

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