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Crisi energetica e transizione, l’avvocato dell’atomo: “Ecco perché serve il nucleare”
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La striscia

(Adnkronos) –
“Non si può parlare di transizione ecologica e di dipendenza energetica senza includere il nucleare”. Non ha dubbi, Luca Romano, laureato in fisica teorica, più conosciuto come L’Avvocato dell’atomo, un vero e proprio fenomeno social: la sua pagina Facebook, nata nel 2020 durante il lockdown, oggi è seguita da oltre 70mila persona. Ed è proprio dal successo social, che ha riportato il tema del nucleare nei dibattiti online (e non solo), che arriva il libro ‘L’Avvocato dall’atomo – In difesa dell’energia nucleare’ in libreria dal 28 aprile per Fazi Editore. Come la pagina facebook, il progetto editoriale nasce con una missione specifica: fornire la giusta difesa a una fonte energetica troppo spesso bistratta dai media, soprattutto in Italia, e che oggi è tornata alla ribalta della cronaca alla luce della crisi energetica e del conflitto in Ucraina.  

La sfida della transizione ecologica. “Nei paesi dove il tema della transizione viene affrontato seriamente il tema del nucleare è sempre più presente” spiega all’Adnkronos, Luca Romano. “Se andiamo a vedere come stanno affrontando la transizione energetica paesi come la Svezia, Finlandia, l’Inghilterra e la maggior parte dei paesi europei vediamo che tutti stanno puntando su un mix energetico che comprende le rinnovabili e il nucleare”.  

“Gli unici che stanno dicendo di no sono la Germania, l’Austria (che di reattori non ne ha mai avuti), l’Italia e la Danimarca. Il Belgio, che inizialmente aveva annunciato la chiusura delle sue centrali, ha cambiato idea con l’inizio della guerra e ha deciso di continuare almeno fino al 2035”. Quello della Germania, sottolinea Romano, “è l’esempio peggiore da seguire. Con la scelta di abbandonare il nucleare si è messa completamente nelle mani di Putin e infatti è tra i paesi che rifiuta l’embargo al gas russo”.  

In Francia, invece, dove c’è la più alta percentuale di elettricità di origine nucleare, “hanno la bolletta più bassa della media europea, sono esposti molto meno rispetto a Italia e Germania nei confronti della Russia e hanno le emissioni molto più basse rispetto a quelle tedesche e italiane”. “Oggi – spiega l’avvocato dell’atomo – chi fa il nucleare non lo fa perché gli piace l’idea. La maggior parte dei paesi che sta investendo in questa fonte di energia, quanto meno in occidente, lo sta facendo in ottica di decarbonizzazione, come ad esempio la Finlandia”. 

Guerra, dipendenza energetica e rinnovabili. “Se fosse stato possibile raggiungere la dipendenza energetica solo con le rinnovabili allora sarebbe già stato fatto” afferma Luca Romano, sottolineando, inoltre, che “le tecnologie per le rinnovabili sono essenzialmente un monopolio di cinese: si sostituisce quindi una dipendenza con un’altra. Questo deve essere chiaro: il 75% dei pannelli solari nel mondo viene fatto in Cina e il 70% delle terre rare con cui si fanno i magneti permanenti per le turbine eoliche viene dalla Cina”. Senza contare il problema dell’intermittenza delle rinnovabili “che ad oggi non è risolto e siamo ben lontani da risolverlo nei prossimi 10 anni”.  

Il 100% rinnovabile al 2050, dunque “non è fattibile e non lo dico solo io. Se andiamo a leggere quello che è il piano della transizione ecologica al 2050 emergono due scenari possibili: uno in cui l’Italia riduce le emissioni ma non le azzera. Arriviamo, quindi, al 2050 che emettiamo ancora 200mln di tonnellate di CO2 all’anno e non è il massimo”. L’altro scenario che si delinea, invece, spiega Luca Romano, “è davvero poco plausibile: per arrivare al net zero al 2050 senza nucleare l’Italia dovrebbe dimezzare il numero di auto circolanti, ridurre i consumi energetici del 40%, efficientare tutti gli edifici il che significa efficientare 30 edifici al giorno da qui fino al 2050 e fare qualcosa come 70Gw di e-fuels, tra idrogeno e biometano e fare 30Gw di biometano vorrebbe dire 4 biodigestori in ogni comune italiano”.  

Per l’avvocato dell’atomo, dunque, “rinnovabili e nucleare vanno insieme: bisogna investire su tutte e due”. Bisogna trovare soluzioni strutturali al problema della crisi energetica; soluzioni che “richiedono comunque un decennio o due e il nucleare è compatibile con questi tempi”.  

E di quanta energia nucleare avrebbe bisogno l’Italia? In un paese come il nostro, il nucleare dovrebbe coprire il 30-40% della nostra domanda elettrica. Con i consumi attuali parliamo di circa 20 Gw per i quali servirebbero 14 -15 reattori più o meno che si possono suddividere il 4-5 centrali”. In Italia “con il sole, l’idroelettrico alpino, il vento nel canale di Sicilia e il mare di Sardegna potremmo arrivare a 60 forse 70% di rinnovabili e il nucleare dovrebbe coprire il resto”. 

Il nucleare quindi può avere ancora un futuro in Italia? Romano è fiducioso: “Il dibattito si sta riaprendo e ci sono sondaggi che ci dicono che molti italiani stanno riconsiderando le loro posizioni alla luce della crisi energetica e della guerra in Ucraina. E’ chiaro che al momento c’è da superare ancora una forte ostilità ma confido nei giovani, in quelli che nel 2011 magari non avevano ancora la possibilità di votare, ma che oggi invece sono anche quelli più attenti ai problemi climatici”. 

di Loredana Errico
 

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