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Sanzioni Russia, ancora niente accordo Ue: problemi su stop petrolio
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La striscia

(Adnkronos) – Slitta ancora l’accordo tra gli Stati membri dell’Ue sul sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia per la guerra in Ucraina, che prevede un graduale embargo sulle importazioni di petrolio da Mosca. La quarta riunione del Coreper, il comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati presso l’Ue, dedicata al sesto pacchetto proposto dalla Commissione è terminata senza che le sanzioni siano state approvate, come in teoria avrebbero dovuto, anche se, secondo fonti diplomatiche europee, il Consiglio “è unito sulla necessità di adottare un sesto pacchetto di sanzioni”. Ma sull’attuazione dell’embargo graduale sul petrolio restano ancora problemi da risolvere. 

Il pacchetto propone cinque categorie di misure: sulle prime quattro gli Stati membri avrebbero trovato un accordo, sulla quinta non ancora. Primo, nella lista dei soggetti sanzionati vengono inclusi i responsabili dei massacri di Bucha e dell’assedio di Mariupol, ma anche un’autorità religiosa come il patriarca ortodosso Kirill, colpito per l’appoggio dato all’invasione dell’Ucraina (mossa controversa, che è stata apertamente criticata dal premier ungherese Viktor Orban), e Alina Kabaeva, ex ginnasta e medaglia d’oro olimpica, presunta compagna del presidente russo Vladimir Putin, che ha divorziato da Ljudmila Aleksandrovna Putina nel giugno 2013. 

Secondo, viene esclusa dal sistema Swift Sberbank, la prima banca russa, insieme ad altri istituti, tra i quali non figura Gazprombank, la banca del colosso russo del gas, indispensabile per i pagamenti delle forniture di metano che l’Ue continua a comperare e la Russia a vendere, malgrado la partita a scacchi in corso tra l’Ue e Mosca sul pagamento delle partite in rubli o in euro/dollari. 

Terzo, vengono vietate le trasmissioni nell’Ue ad altri tre canali vicini al Cremlino, dopo Russia Today e Sputnik. Quarto, le imprese russe non potranno più avvalersi di consulenti e spin doctor europei. Quinto, viene proposto un embargo graduale alle importazioni di petrolio dalla Russia, effettivo entro sei mesi per il greggio ed entro fine anno per i prodotti raffinati. 

Ai Paesi più dipendenti dal petrolio russo e senza accesso al mare, come Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca, che non hanno la possibilità di cambiare fornitori facilmente, sono state concesse proroghe (più sostanziose per Budapest e Bratislava, meno per Praga). La Slovacchia nel 2021 ha tratto il 96% delle sue importazioni di petrolio dalla Russia, l’Ungheria il 58% e la Repubblica Ceca circa la metà, secondo dati dell’Iea: tutti e tre i Paesi ricevono greggio soprattutto dal braccio meridionale dell’oleodotto Druzhba, il più lungo del mondo, che parte dal Tatarstan russo. 

Le proroghe, inizialmente di un anno per Ungheria e Slovacchia, ora sono state allungate dalla Commissione davanti alle resistenze delle capitali, le quali possono sempre bloccare le sanzioni, che vanno approvate all’unanimità. Va da sé che un veto all’embargo sul petrolio russo avrebbe un effetto negativo, per usare un eufemismo, sull’immagine dell’Ue. Secondo fonti diplomatiche europee, grazie alle discussioni “intense” condotte da quando il pacchetto è stato presentato, nella notte tra martedì e mercoledì scorso, sono stati fatti dei “progressi molto importanti sulla maggior parte delle misure”, sulla base delle proposte “riviste” presentate dalla Commissione Europea e dal Servizio Europeo per l’Azione Esterna. 

Le criticità restano quelle relative ai Paesi più dipendenti dal petrolio russo, tra cui appunto l’Ungheria, il cui primo ministro Viktor Orban ha definito l’embargo sul petrolio una “bomba atomica” per l’economia magiara e che ha posto sul piatto altre questioni, come lo sblocco del Pnrr ungherese, bloccato da molti mesi, e la procedura che protegge il bilancio dell’Ue dalle violazioni dello Stato di diritto. Una mossa, quella di Orban, che l’Alto Rappresentante Josep Borrell ha bollato come “inaccetabile”. Tra gli altri Paesi anche la Bulgaria è molto dipendente dal petrolio russo, ma ha accesso al mare. 

Bisognerà ancora, prosegue il diplomatico, “lavorare per finalizzare”, in uno spirito di “solidarietà”, le “garanzie” che sono necessarie per l’approvvigionamento di petrolio degli Stati membri che si trovano attualmente in una situazione “molto specifica”, per quanto riguarda l’approvvigionamento dalla Russia via oleodotto. Servono tra l’altro compensazioni economiche per i costi che questi Paesi dovranno affrontare per ‘ritarare’ raffinerie calibrate sul greggio russo. Contatti “a tutti i livelli” proseguiranno “all’inizio della settimana”, con l’obiettivo di “arrivare il più rapidamente possibile ad un accordo completo” sul sesto pacchetto. L’incontro di oggi, domenicale, è stato “molto utile” per constatare che “non ci sono problemi politici in materia di embargo al petrolio”. L’obiettivo ora è quello di “finalizzare il pacchetto all’inizio della settimana”. 

Le fonti a Bruxelles assicurano dunque che non ci sono problemi “politici” sulla via dell’approvazione del pacchetto, che tuttavia in teoria avrebbe dovuto essere varato prima del 9 maggio, giorno in cui la Russia di Vladimir Putin celebra la Giornata della Vittoria, quella dell’Armata Rossa sul Terzo Reich e i suoi alleati. Durante le discussioni, a quanto si apprende, c’è stato chi ha fatto notare che sarebbe stato e sarebbe meglio approvarlo dopo il 9 maggio, per non farsi trovare a corto di ‘munizioni’ mediatiche con le quali rispondere ad eventuali mosse di Putin in occasione delle celebrazioni di domani. 

L’Alto Rappresentante dell’Ue Josep Borrell aveva tuttavia detto che, se un accordo a livello tecnico non fosse stato trovato “subito”, avrebbe convocato un Consiglio Affari Esteri straordinario. Ora si vedrà se i ministri dovranno accorrere a Bruxelles per tentare di sbrogliare la matassa o se la minaccia ventilata dell’Alto Rappresentante resterà tale. Ursula von der Leyen, ad ogni buon conto, aveva previsto che mettere d’accordo tutti e 27 gli Stati membri sull’embargo al petrolio non sarebbe stato “facile”. 

Il problema è che la Russia sfrutta politicamente queste difficoltà, lodando Orban per aver bloccato le sanzioni. L’Ungheria ha buoni rapporti con Mosca, meno con Kiev, a causa della minoranza magiara nell’Oblast della Zakapartska, nell’Ucraina Occidentale (nel 2017 Petro Poroshenko impose l’insegnamento in lingua ucraina in tutte le scuole, anche in quelle delle regioni a maggioranza ungherese, abolendo una legge voluta da Viktor Yanukovych, cosa che ha peggiorato i rapporti con Budapest). 

Comunque, l’obiettivo del Consiglio ora è approvare il pacchetto con l’embargo sul petrolio entro “l’inizio” della prossima settimana, quindi non è detto che il via libera arrivi domani. Una nuova riunione del Coreper non è stata ancora fissata. 

Intanto, El Paìs ha rivelato che la Commissione sta preparando un pacchetto di misure di emergenza che scatterebbero nel caso in cui la Russia interrompesse le forniture di gas all’Ue, che prevede razionamenti, con l’interruzione della fornitura di energia alle aziende, e misure di solidarietà tra gli Stati membri. 

Uno scenario da incubo, che getterebbe l’economia dell’Ue, convalescente dopo il crollo provocato dalla pandemia di Covid-19, in recessione, potrebbe materializzarsi qualora il gas russo dovesse venire a mancare per decisione del Cremlino, che ha già sondato il terreno decretando lo stop dei flussi verso Polonia e Bulgaria, scegliendo i Paesi con cura, in modo da seminare ancora più divisioni all’interno dell’Unione. 

Comunque, malgrado le sanzioni incidano sull’economia russa, che quest’anno dovrebbe accusare una flessione importante del Pil, il Moex, il benchmark della Borsa di Mosca, ha chiuso venerdì a 2.393 punti, 335 in più del minimo di 2.058 cui era precipitato il 24 febbraio, giorno dell’invasione dell’Ucraina. Per contro l’indice guida di piazza Affari, il Ftse Mib, a 23.476, naviga oltre 1.400 punti sotto la chiusura del 24 febbraio (24.878, dati Yahoo! Finance). (di Tommaso Gallavotti) 

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