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Epatite acuta pediatrica, caccia a cause: anche i cani sotto lente
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La striscia

(Adnkronos) – Epatite acuta pediatrica, si indaga a 360 gradi in Uk per tentare di scoprire la potenziale causa di “un numero insolitamente alto di casi di epatite acuta” a eziologia sconosciuta rilevati nelle ultime settimane. Sotto la lente degli esperti che stanno investigando finisce ogni aspetto della vita dei piccoli pazienti, ogni contatto, viaggio, farmaco assunto e in questa ricerca ad ampio raggio si guarda persino agli animali domestici, protagonisti di un focus dell’ultimo report di aggiornamento della Uk Health Security Agency, quello che fa il punto sulle possibili esposizioni. Sebbene l’indiziato numero uno resti sempre l’adenovirus. 

Gli esperti fanno riferimento all’esito dei questionari somministrati ai genitori di bambini colpiti dalle epatiti. “La revisione delle risposte – riferiscono – ha rilevato un numero relativamente alto di famiglie proprietarie” di cani “o di esposizioni ad altri cani”. Si parla si un “70%” dei bambini, 64 su 92, per i quali i dati erano disponibili. “Il significato di questa scoperta è in fase di studio”, spiegano nel briefing tecnico. Avere un cane domestico, infatti, “è comune nel Regno Unito”. E la segnalazione di contatti con altri cani “può includere contatti transitori non significativi”. 

Nei questionari ad ampio raggio rientra tutto e gli esperti britannici non vogliono lasciare nulla di inesplorato. L’obiettivo delle domande è stato quello di valutare una vasta gamma di esposizioni differenti. Si è indagato sui viaggi, sull’occupazione dei genitori, la dieta, l’acqua, su sostanze tossiche o associazioni con situazioni di immunosoppressione, sui farmaci utilizzati. E a questo proposito, “circa tre quarti degli intervistati, per l’Inghilterra, ha menzionato l’uso di paracetamolo”. Questo è notoriamente “un importante agente epatotossico in caso di sovradosaggio”, ma da quello che sta emergendo “è probabile” che il farmaco sia correlato in questi casi a “un uso terapeutico appropriato”, puntualizzano gli esperti. Il paracetamolo “rimane in considerazione come potenziale agente eziologico, ma al momento le prove” a supporto di questa ipotesi “sono deboli”, assicurano.  

Intanto, in Uk “continuano a essere individuati nuovi casi. Mentre c’è un’apparente riduzione dei casi confermati nelle ultime 2 settimane complessivamente nel Regno Unito, ci sono nuove segnalazioni in Scozia, e il numero di casi in attesa di classificazione in Inghilterra è notevole”. Quindi al momento gli esperti britannici non si sbilanciano: “Non possiamo ancora dire che c’è una diminuzione dei nuovi casi”. 

Le ipotesi di lavoro sono state affinate. E le principali restano quelle che coinvolgono l’adenovirus. “Tuttavia, continuiamo a studiare anche il potenziale ruolo di Sars-CoV-2 e lavorare per escludere qualsiasi componente tossicologica”, spiega l’Ukhsa. L’adenovirus resta il potenziale patogeno rilevato più frequentemente. Tra 163 casi nel Regno Unito, 126 sono stati testati per adenovirus e 91 avevano l’adenovirus (72%). Tra casi positivi, il virus in questione è stato rilevato principalmente nel sangue. E costantemente il tipo costantemente rilevato è l’adenovirus 41F. Mentre Sars-CoV-2 è stato rilevato in 24 casi su 132 con risultati disponibili (18%). Le indagini tossicologiche continuano senza risultati positivi fino ad oggi.  

Le ipotesi di lavoro sono 6, elencano infine gli esperti. La prima è che si tratti di una normale infezione da adenovirus. Questa potrebbe trovare una anomala suscettibilità o risposta dell’ospite che consente all’infezione di progredire più frequentemente verso l’epatite, dovuta ad esempio dalla mancanza di esposizione durante la pandemia, oppure ancora un’ondata eccezionalmente grande di normali infezioni da adenovirus sta mettendo maggiormente in luce una complicanza rara o poco riconosciuta finora. Sui co-fattori si seguono varie piste. Mentre la seconda ipotesi di lavoro è una nuova variante di adenovirus, con o senza il contributo di un co-fattore di quelli che si valutano. 

La terza è una sindrome post Sars-CoV-2 (compreso un effetto limitato di Omicron). La quarta è un eventuale farmaco, una tossina o un’esposizione ambientale. Quinta ipotesi di lavoro in campo è “un nuovo agente patogeno che agisce da solo o come coinfezione”. Infine, la sesta è una nuova variante di Sars-CoV-2. Le indagini continuano. 

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