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Emergenza sale in Ucraina, l’economista: “con Artemsil chiuso Kiev dovrà importarne 500mila tonnellate”
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La striscia

(Adnkronos) – La chiusura di Artemsil, il più grande impianto per la produzione di sale industriale e per uso da tavola dell’Europa centrale e dell’est situato a Soledar, nella regione Donetsk costringerà l’Ucraina ad importare oltre 500mila tonnellate di sale dall’estero infierendo un altro duro colpo all’economia del Paese. “Lo stabilimento riusciva a produrre due milioni di tonnellate di sale da miniera ed esportava fino a 1,4 mln di tonnellate, in quanto il mercato ucraino consuma circa 600mila tonnellate all’anno, cioè 15 kg a persona annui. Molto più di quanto suggerisce l’Oms che sconsiglia di superare i 4-5 kg di sale annui. Ma il fabbisogno è fortemente condizionato dal tipo di cucina e dalla forte tradizione produttiva di verdure sotto sale e sottaceti”. Ne parla con l’Adnkronos Oleg Pendzin, direttore esecutivo dell’Economic discussion club (Ed Club), prestigioso think tank ucraino a cui fa capo la leadership politica, imprenditoriale ed accademica del Paese, impegnato nella definizione delle politiche di ricostruzione del Paese.  

Siti di produzione di sale in Ucraina “ce ne sono anche a Drohobych, nella regione di Leopoli che produce fino a 22mila tonnellate di sale l’anno ed a Solotvyno, in Transcarpazia, dove tuttavia la miniera è esaurita – riferisce – Ad oggi abbiamo consumato le scorte di sale da miniera, il cui prezzo è aumentato a 50 centesimi al chilo per la speculazione, ma sul mercato e grazie alle catene di vendita sono presenti altri sali, come quelli marini”. Kiev è nel frattempo orientata sull’incremento delle importazioni anche perché comincia la stagione delle marinature ed il consumo è maggiore rispetto a prima: “Il problema al momento è che il consumo interno ammonta a 600mila tonnellate all’anno. Lo stabilimento di Drohobych ha detto che potrebbe arrivare a produrne 60mila. Ma si tratta di appena il 10% del fabbisogno. Quindi chiaramente il resto, circa 500mila tonnellate, dovranno essere importate, finché non sarà ripristinato lo stabilimento di Artemsil”, spiega Pendzin, che è anche capo dipartimento della Federazione dei sindacati dell’Ucraina.  

Nonostante il danno economico derivante dal mancato incasso del pagamento delle tasse dell’impianto ormai chiuso, dalla diminuzione dell’export di cui “non possiamo quantificare l’incasso perché sono dati protetti dal segreto commerciale”, dalla perdita di lavoro di 2500 persone che al momento “ricevono gli aiuti destinati dallo Stato agli sfollati, lo stabilimento potrà far ripartire l’attività molto facilmente a fine azioni belliche perché le miniere non sono state danneggiate. Anche i dipendenti rientreranno in servizio, il loro è un lavoro abbastanza specifico. Ed i paesi importatori troveranno soluzioni, come anche l’Ucraina, perché il mercato del sale è grande. La situazione non è dunque così critica come si dice”. (di Roberta Lanzara)  

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