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Il costituzionalista Luciani: “Presidenzialismo? Altri i problemi da affrontare”
I

La striscia

(Adnkronos) – Di Roberta Lanzara – Il presidenzialismo può soddisfare l’esigenza di consolidare i governi garantendo stabilità, anche alla luce della riforma presidenziale introdotta per comuni e regioni, la cui sperimentazione ha dato risultati di cui tener conto? “Francamente ho seri dubbi. E non comprendo la corsa alle riforme istituzionali in una fase in cui il sistema politico-partitico è evidentemente non ancora stabilizzato, sicché non se ne conoscono ancora le vere esigenze”. A intervenire con l’Adnkronos è Massimo Luciani, ordinario di Istituzioni di Diritto pubblico all’Università degli studi di Roma La Sapienza, che aggiunge: “A me pare che ci siano altri problemi per l’Italia da affrontare in questo momento. Per adesso lasciamo stare questa continua tentazione di ritenere che le criticità del nostro Paese siano da imputare alla sua struttura istituzionale. Certamente ci sarà da intervenire, ma è proprio questo il momento?”. 

Luciani, già presidente dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti e presidente della Commissione di studio sulla riforma dell’ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura, istituita nel marzo 2021 dal ministro della Giustizia Marta Cartabia, solleva due obiezioni: “La prima riguarda la proiezione degli effetti prodotti in sede locale o regionale sulla sede nazionale. È noto che le dinamiche politiche che si generano in quelle sedi sono completamente diverse da quelle che si generano in sede nazionale. Sicché un sistema istituzionale che ha funzionato bene in sede locale o regionale non necessariamente funziona bene in sede nazionale – spiega -. Tutto questo, fermo restando che è da valutare se quel sistema istituzionale abbia davvero funzionato bene, perché è vero che ha dato maggiore stabilità, ma non è meno vero che ha determinato una notevole perdita di rappresentatività delle istituzioni. Basta pensare alla verticale caduta di prestigio dei consigli comunali e regionali”. 

“Alla seconda ho già accennato. Perché una corsa alle riforme istituzionali in una fase politica in cui il sistema partitico è evidentemente non ancora stabilizzato? Nel giro di poche consultazioni elettorali abbiamo assistito all’esplosione dei consensi per il partito democratico renziano, per il Movimento 5 Stelle e la Lega, ora per Fratelli d’Italia. Cosa accadrà domani? È evidente – rimarca Luciani – che l’elettorato italiano non ha trovato una stabilizzazione e che il panorama non è ancora chiaro né sul piano della offerta politica né su quello della domanda da parte dei cittadini, che hanno dimostrato di non sapere bene cosa vogliono. È saggio in una situazione così fluida mettere mano, con un intervento che non sarebbe ortopedico, ma sarebbe veramente radicale, alla struttura istituzionale della Costituzione? Io penso di no”. 

Il costituzionalista infine ricorda che “abbiamo già visto quanto gravi siano gli effetti della mancata considerazione di questa natura fluida del nostro sistema politico partitico. È stata una vera assurdità, imperdonabile, non aver modificato il sistema elettorale dopo la riduzione del numero dei parlamentari – rileva – . Chi come me era contrario e lamentava le distorsioni della rappresentanza che sarebbero state determinate da quella riduzione si sentiva regolarmente rispondere che il sistema elettorale sarebbe stato cambiato. Io obiettavo che non c’era nessuna garanzia che questo sarebbe accaduto. E in effetti non è accaduto. Così, non si è adottato l’unico sistema elettorale che in una fase di questo tipo sarebbe stato saggio, cioè il proporzionale (anche se con correttivi, come la soglia di sbarramento). Lo dico non perché a me questo piaccia più di altri sistemi elettorali, ma semplicemente perché quando un sistema politico-partitico è in fase di riassestamento, l’unico sistema elettorale che registra fedelmente i suoi movimenti di ristrutturazione è quello proporzionale. Certo, una volta compiuta la ristrutturazione – conclude – si sarebbe potuto intervenire modificandolo, ma intanto avremmo avuto un quadro reale, in Parlamento, dei rapporti di forza. Che ora non c’è”.  

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