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Ratzinger, Vittorio Messori: “Era un uomo buono, è già in Paradiso”
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La striscia

(Adnkronos) – Un uomo buono, onesto, “pronto ad accettare le posizione degli altri”. Queste le qualità che Vittorio Messori, giornalista, autore di numerosi saggi sulla fede, a cominciare da ‘Ipotesi su Gesù’, mette in luce pensando alla figura del papa emerito Benedetto XVI, morto oggi nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano. Un uomo di cui “sono diventato amico” che, dice con sicurezza Messori all’AdnKronos, “è già in Paradiso” e che pertanto non “ha bisogno di preghiere”. Un’amicizia, quella con Benedetto, nata durante l’intervista che l’allora prefetto per la Congregazione per la Dottrina della Fede concesse al giornalista e che è alla base del saggio ‘Rapporto sulla fede. Vittorio Messori a colloquio con Joseph Ratzinger’. Il libro uscito nel 1985, l’anno in cui si apriva il Sinodo per i vent’anni dalla fine del Vaticano II, raggiunse in tutto il mondo una diffusione da best-seller.  

“Stando con lui – afferma Messori – anche a livello profondo, mi sono reso conto che non avevo mai conosciuto una persona così buona, così disponibile, così preparata che non ho mai visto altrimenti. Quello che mi ha sempre fatto sorridere è che l’hanno spesso presentato come un uomo che controllava tutto ed era pronto a fare tacere le persone. In realtà, difficilmente ho conosciuto una persona come lui pronta ad accettare la posizione degli altri. Penso che sia subito andato in Paradiso, ho conosciuto in lui un uomo serio, buono, rispettoso, generoso. Non pregherò per lui perché non ne ha bisogno, è già in Paradiso. Ma sarò io a pregare lui perché, visto che eravamo amici, spero che lui voglia aiutarmi. Lui, in quanto tale, non ha bisogno di preghiere. E’ stato subito accolto dal Cristo”.  

Messori racconta così, più nel dettaglio, la genesi di un rapporto durato nel tempo, fino all’ultimo incontro che risale a qualche anno fa. “Facevo il giornalista e mi misi in testa di intervistare Ratzinger che, in quel periodo, era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Tutti mi dicevano che era impossibile perché questa istituzione non parlava mai al di fuori delle risposte scritte. Il Papa emerito, però, aveva letto alcuni miei libri che gli erano piaciuti. Accettò con mia sorpresa e con la sorpresa di tutti di essere intervistato. Pertanto – ricorda Messori – ebbi la possibilità di parlare con lui: ci riunimmo per tre giorni da soli in montagna, c’erano delle suore tedesche che ci davano da mangiare. Per tre giorni rispose a tutto quello che gli chiesi che poi ho pubblicato nel libro. Era la prima volta che uno che gestiva quell’istituzione parlava dicendo cose che non piacquero a tutti, la sua prospettiva non andava bene a tutti. Il libro creò un grande caos, ma continuano ancora adesso a citarlo. Diventammo veri amici e, quando andavo a Roma, spesso si andava a pranzo insieme al ristorante. Ogni tanto ci telefonavamo”.  

L’ultima volta che Messori ha incontrato il Papa emerito risale a “circa un anno e mezzo o due anni fa, mi ha fatto telefonare dal suo assistente per dirmi che mi avrebbe visto volentieri chiedendomi però di non fare il giornalista”. 

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