(Adnkronos) – La Guida di Spirito Autoctono ha elaborato i dati di Distillo Expo – il salone delle attrezzature dedicate alle microdistillerie in programma a Milano i prossimi 16 e 17 maggio – sul forte incremento del numero delle distillerie in Italia nell’ultimo biennio, una crescita superiore al 20%. Le ragioni di questo boom sono da ricercarsi nell’avvio di microdistillerie e nel fenomeno della produzione conto terzi, in particolare di gin. Il trend del “gin craze”, ovvero la produzione conto terzi di una propria etichetta di gin ha visto sbarcare sul mercato italiano circa un migliaio di nuove etichette Made in Italy, numeri destinati a crescere ulteriormente nei prossimi anni. Secondo Francesco Bruno Fadda, direttore di Spirito Autoctono – La Guida: «L’Italia continua a scrivere pagine importanti nel settore dei distillati e il fenomeno in crescita delle microdistillerie testimonia un’attenzione crescente che attrae soprattutto il mondo dei giovani. Per quanto riguarda il gin – prosegue – si assiste sempre più al consolidamento di quello che noi chiamiamo “metodo italiano” che trae le proprie caratteristiche dall’esperienza dei nostri distillatori e dall’ampia varietà di botaniche, già valorizzata dalla creatività e dalla ricchezza della nostra cultura gastronomica».
Una cultura gastronomica che, negli ultimi anni, anche in Italia, ha allargato le vedute: in molti ristoranti, infatti, alle carte vino si affiancano sempre più spesso le carte dei distillati e il cocktail pairing, con un occhio sempre più attento anche per quanto riguarda il mondo dei distillati e della mixology. Prima della pandemia erano 85 le distillerie attive nel nostro Paese, con produzioni che comprendevano principalmente grappa, brandy e gin. Due anni dopo, il numero di attività dedicate alla distillazioni è di circa 100, per una produzione che tuttavia ancora non arriva ad essere paragonabile ai grandi numeri registrati nel Regno Unito – trainato dalla Scozia-, in Irlanda e negli Stati Uniti. Circa il 10% delle distillerie italiane sono aziende storiche, giunte anche alla sesta o settima generazione di distillatori; un altro 10% sono i produttori industriali, che si occupano anche di alcol non ad uso alimentare. Le neonate realtà nel campo della distillazione prevedono nel prossimo futuro di orientare i due terzi della propria produzione sul conto terzi e la produzione di “private label”, in particolare di gin, il distillato che negli ultimi anni ha visto crescere e consolidare la propria popolarità anche in Italia.
«Il gin è letteralmente esploso e le etichette raddoppieranno – dice Claudio Riva, co-fondatore di Distillo Expo – Se da una parte la nascita di nuove distillerie porta in Italia nuove competenze, dall’altro l’investimento sul conto terzi penalizza la nascita di nuovi brand artigianali, che sottraggono tempo e ricerche alle proprie produzioni e alla commercializzazione».
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