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Slow Wine Fair, la rivoluzione del mondo del vino. L’intervista a Giancarlo Gariglio
S

La striscia

(Adnkronos) –

Organizzato da BolognaFiere e Sana, con la direzione artistica di Slow Food, Slow Fair è l’evento internazionale dedicato al vino buono, pulito e giusto. Quali sono le novità di questa seconda edizione?

 Tra le novità di questa seconda edizione individuerei innanzitutto la scelta molto coraggiosa di creare una commissione di assaggio internazionale per decidere chi tra le cantine che si candidavano alla Fair potevano o no parteciparvi. Abbiamo compiuto così una bella scrematura, ammettendo solo aziende che producono vini buoni e ottimi. Una logica non certo comune per un ente fiera e per questo siamo grati a BolognaFiere che ha accettato di perdere potenziali espositori in favore di una selezione che siamo certi sarà incredibilmente elevata. Inoltre abbiamo sposato il progetto del Premio Carta Vini della Milano Wine Week e lo abbiamo portato a Bologna in una versione un po’ differente. Nella mattinata di lunedì 27 febbraio premieremo una quarantina di locali che hanno investito tempo e denaro per creare delle carte dei vini che rispecchiassero i territori e valori molto vicini a quelli di Slow Food. Pensiamo sia molto importante che si crei un’unità d’intenti tra chi il vino lo fa, chi lo beve e chi lo vende per far sì che si possa sperare di cambiare i parametri della produzione in favore di una visione che metta al primo posto la sostenibilità ambientale, la difesa del paesaggio e della biodiversità, nonché un equo e virtuoso rapporto con i propri dipendenti e gli abitanti dei villaggi dove si coltivano le uve. Siamo convinti che proprio per questo la Slow Wine Fair sia una fiera rivoluzionaria e molto innovativa. 

Dare valore ai territori e alle persone. In che modo è possibile?

 Come anticipato prima, pensiamo che per raggiungere gli obiettivi che Slow Food si è posto rispetto al mondo del vino, ovvero quello di rivoluzionare sia la produzione sia la metodologia di consumo e di vendita, si debba iniziare a valorizzare i luoghi dove il vino si produce. I viticoltori nel corso dei decenni hanno modificato il paesaggio, sono sentinelle che territorio che hanno contribuito a mantenere vive le campagne, a evitare lo spopolamento, la corsa alle città e hanno mantenuto in vita pratiche centenarie. Inoltre, dove c’è viticoltura diminuisce molto il rischio idrogeologico o degli incendi, pensiamo alla California o alla Grecia, per non parlare del nostro Sud Italia. Infine anche il mondo del vino non è esente dal rischio di sfruttamento della manodopera e bisogna tenere le antenne ben alte. Il consumatore va informato ed educato, deve capire che pagare prezzi stracciati per il vino rischia di far male non solo alla propria salute con vini costruiti in cantina ma anche all’ambiente e a coloro che lo producono. Si tratta di una scelta consapevole, consumare meno vino ma di qualità, perché in questo campo non esistono scorciatoie, vini che costano meno di 6 euro sullo scaffale rischiano di essere frutto di politiche agricole predatorie o del pagamento troppo basso delle uve. Inutile in questo campo fare tanti giri di parole e la Slow Wine Fair deve essere il megafono di queste istanze. 

Vino buono, pulito e giusto, un contenitore di protagonisti molto ampio. Quali sono i criteri per considerarsi tali?

 Grazie al Manifesto (del vino buono, pulito e giusto) che abbiamo pubblicato 3 anni fa proprio a Bologna abbiamo fissato 10 punti per definire sinteticamente – e speriamo in modo comprensibile – i parametri di un vino buono, pulito e giusto. Per riassumere ulteriormente la questione possiamo dire che gli ambiti principali sono tre: il primo è la sostenibilità ambientale (no a uso di diserbanti e riduzione al minimo della chimica di sintesi) e un uso ragionato e scrupoloso delle risorse naturali ed energetiche. Il secondo è l’attenzione per il paesaggio con l’obiettivo di ridurre la cementificazione e la costruzione di cantine faraoniche, il mantenimento in ordine dei vigneti, la scelta di aumentare la biodiversità sia nelle varietà coltivate sia nei terreni di proprietà. Infine un rapporto virtuoso e comunitario con gli altri viticoltori, con i cittadini che abitano vicino alla cantina e l’impegno a far crescere il benessere dei propri dipendenti. Infine, come detto all’inizio è decisivo produrre un vino buono dal punto di vista organolettico che sia specchio del terroir.Adnkronos – Vendemmie
 —winewebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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