(Adnkronos) – L’inflazione ‘pura’ sta rallentando ma i consumatori dovrebbero fare attenzione anche ad altri fenomeni che possono incidere sul loro potere d’acquisto reale. E’ il caso della shrinkflation, ovvero la tendenza a ridurre la quantità effettiva di prodotto all’interno delle confezioni, mantenendo invariato il prezzo. In mesi di monitoraggio Altroconsumo ha riscontrato variazioni importanti nel quantitativo di prodotto all’interno delle confezioni: una strategia che fa lievitare i costi al chilo o al litro fino al 200%, complice anche l’inflazione. Succede quindi che le confezioni mutano qualche particolare estetico, aggiungono magari un ingrediente e, contemporaneamente, il peso del contenuto si fa più leggero. Il prezzo, però, non segue sempre la stessa logica. Tra i casi più evidenti emergono il detersivo per piatti Nelsen, con la relativa confezione passata da un litro a 850 ml e il prezzo al litro che ha raggiunto un rincaro del 53% e Pringles Originals, con le relative confezioni passate da 200 a 175 grammi e il prezzo al chilo cresciuto del 22%. Anche tutta la linea di prodotti della Nocciolata Rigoni di Asiago ha subito una riduzione delle confezioni: se prima i vasetti erano disponibili nei formati da 270, 350 e 700 grammi, ora sono passati a 250, 325 e 650 grammi. Anche in questo caso, il prezzo al chilo è lievitato tra l’11% del formato grande al 38% per il più piccolo. Gli yogurt greci della linea Delta (Yomo) e di Fage sono passati da vasetti da 170 a 150 grammi. Il prezzo al chilo è cresciuto del 30% per Delta e del 65% per Fage. Durante il monitoraggio Altroconsumo ha rilevato anche altri casi di pratiche messe in atto dai produttori. Non possono essere classificati come esempi di vera e propria shrinkflation, ma sono la dimostrazione di come possa essere sempre più difficile fare scelte consapevoli quando si va a fare la spesa. Rientrano tra questi le strategie commerciali delle marche che immettono sul mercato formulazioni speciali o ricette premium, riducendone il contenuto rispetto alla versione classica. Con questa strategia – spiega Altroconsumo – il produttore riesce a mantenere il prezzo della confezione in linea con quello standard, garantendosi così una platea di acquirenti potenzialmente più vasta, pur commercializzando confezioni con quantità di prodotto inferiori. Un altro caso riguarda gli stessi prodotti venduti in formati diversi, a seconda del punto vendita. Questa modalità non permette al consumatore di fare valutazioni univoche e di comparare in maniera efficace i prezzi di uno stesso articolo. Per alcuni prodotti come bibite, ma anche detersivi, ammorbidenti e prodotti per l’igiene personale (per esempio gli assorbenti), possono essere presenti in assortimento formati differenti a seconda delle insegne dei supermercati. Sul tema della shrinkflation era intervenuta anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che aveva avviato un’istruttoria per verificare che le strategie adottate dai produttori non potessero costituire una pratica commerciale scorretta e violare così il Codice del Consumo. L’Antitrust ha poi deciso di archiviare il provvedimento, considerata “l’ormai diffusa consapevolezza sul fenomeno” e non riconoscendo così una mancanza di trasparenza da parte dei produttori. Altroconsumo continuerà a monitorare e a segnalare queste pratiche commerciali. L’unica soluzione possibile a disposizione dei consumatori – consiglia l’associazione – è nel prestare più attenzione nei punti vendita, valutando la reale convenienza degli articoli sugli scaffali, controllando il formato del prodotto, il peso o il volume, e verificare il prezzo al chilo o al litro. —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)