Fino a quindici anni fa, il falco pescatore (Pandion haliaetus) era estinto come nidificante in Italia. Oggi è tornato a riprodursi. Solo nel 2024 si sono registrate otto nidificazioni attive: cinque in Toscana – nel Parco della Maremma, alla Diaccia Botrona, alla Duna Feniglia, nelle Oasi WWF di Orbetello e Orti-Bottagone – e tre in Sardegna, nel Parco regionale di Porto Conte. In totale: 24 uova deposte e 14 giovani involati.
Un ritorno frutto di un lungo e complesso progetto di reintroduzione. Che però passa sotto silenzio se paragonato al peso mediatico di cui gode un’altra storia di successo per la biodiversità europea, quella della tartaruga marina Caretta caretta. Che domina la scena mainstream, seppur con dati molto meno emergenziali. Una sproporzione che fa notare Giampiero Sammuri in una riflessione affidata ai social. Zoologo, naturalista, già presidente di Federparchi, Sammuri è una figura chiave per il ritorno del falco pescatore in Italia.

La star dei media
“Quest’anno siamo a otto nidificazioni mentre sono 14 i nuovi falchi pescatori ad essersi involati”. Ma sembra che nessuno si accorga del ritorno di una specie che per decenni era scomparsa dal nostro Paese. Nel frattempo, la Caretta caretta domina la scena: “In questi giorni i media e i social sono pieni di notizie che riguardano nidificazioni della tartaruga Caretta caretta e centinaia di volontari pattugliano le spiagge per verificare la presenza di nuove nidificazioni”. Scrive sempre Sammuri, che non ne fa una questione di competizione tra specie ma conosce bene la storia della tartaruga marina nelle acque del Mediterraneo: «Più di vent’anni fa, quando i nidi di Caretta in Italia non arrivavano a 20, andai in Grecia con il professor Zuffi per capire come favorirne la nidificazione nel Parco della Maremma. Oggi vedere che anche il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, celebra questi eventi è per me motivo di soddisfazione, perché afferma l’importanza dei parchi e della tutela ambientale».
Ma non è questo il punto. Il punto è la disparità. «Tutto bello, certo – chiarisce – ma mi domando: perché per una specie la cui presenza in Italia ed in Toscana è enormemente più eccezionale non c’è altrettanta enfasi?»
I numeri parlano chiaro
La domanda ha basi concrete nei dati. Secondo Legambiente, nel 2023 sono stati registrati 601 nidi di Caretta caretta in Italia, e la proiezione 2024 – secondo il sito Tartapedia – è di un aumento del 30%. Con una media conservativa di 80 uova per nido e una schiusa al 70%, si arriva a oltre 33.000 tartarughe nate in una sola stagione.
Ma il paradosso si amplifica proprio in Toscana. Perché se da una parte la Regione è protagonista nel caso del ritorno del falco pescatore, risulta solo marginale nel fenomeno della tartaruga. Perchè di tutti i nidi censiti nel ’23, solo 24 si trovavano in Toscana, ovvero il 4% del totale nazionale. Nel caso del falco pescatore, invece, la Regione da sola ospita il 62% delle nidificazioni italiane. Un dato che ribalta completamente la gerarchia dell’eccezionalità, almeno dal punto di vista locale. E che rende ancora più evidente come l’attenzione verso l’opinione pubblica sia tutta spostata verso la specie marina.
Un rapace straordinario
E dire che il falco pescatore è tutt’altro che ordinario. Si tratta di un rapace migratore, con abitudini eccezionali: si nutre quasi esclusivamente di pesce che cattura in tuffo, nidifica su scogliere rocciose o su piattaforme artificiali, prediligendo posizioni con buona visibilità sul territorio circostante. Affronta lunghi viaggi tra Europa e Africa e la sua reintroduzione in Italia è il frutto di un lavoro tecnico, scientifico e logistico lungo e complesso.
«Io non sono un sociologo o uno psicologo – commenta Sammuri – ma un biologo. Non so come si spieghi tutto l’interesse per la tartaruga marina e non per il falco pescatore”. Forse è una questione di simpatia o di empatia. Ma a livello di conservazione, quello del falco pescatore è un caso di successo unico. E meriterebbe i migliori palcoscenici.


Devi effettuare l'accesso per postare un commento.