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Gas radon, i geologi: “Seconda causa di cancro ai polmoni dopo il fumo”
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La striscia

Dopo il fumo, c’è solo il gas radon in termini di esposizione al rischio di tumore ai polmoni: ogni anno registra 3.200 casi, ovvero il 10% dei decessi dovuti a questa malattia. Eppure, generalmente non si sa nemmeno cosa sia, nonostante il nostro Paese si trovi attualmente persino in procedura d’infrazione rispetto alla Direttiva Europea “Euraton”. Si mobilitano dunque i geologi, oggi riuniti a Roma in una lunga giornata presso il CNR, che ospita il Convegno Nazionale “Radon, rischio geologico. Dalla terra un pericolo invisibile per la salute: quanti lo conoscono?”.
Il radon – spiega in una nota il Consiglio Nazionale dei geologi – non è altro che un gas nobile radioattivo naturale, incolore, insapore e inodore: a livello mondiale è il contaminante radioattivo più pericoloso negli ambienti chiusi”. Ed è Nicola Rotolo, chirurgo del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi dell’Insubria, a specificare la relazione che si instaura tra questo gas e il cancro al polmone: “

Della relazione tra “Radon e cancro al polmone” ha dibattuto Nicola Rotolo, chirurgo del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi dell’Insubria che ha dichiarato: “Il cancro del polmone è la prima causa di morte per neoplasia nell’uomo: le stime registrano un’incidenza di tale malattia in Italia di circa 40.000 nuovi casi ogni anno (11% di tutte le diagnosi di tumore nella popolazione). Il più importante fattore di rischio – spiega Rotolo – è il fumo di sigaretta e il secondo, ormai accertato da numerosi studi scientifici eseguiti su larga scala, è proprio l’esposizione al radon, fattore che peraltro incide molto in ambienti chiusi. Studi epidemiologici confermano che il radon nelle abitazioni aumenta il rischio di cancro del polmone, incremento stimato tra il 3% e il 14% (in relazione alla concentrazione media del radon nel luogo di esposizione). La mortalità per cancro del polmone attribuito al radon in Italia è stimata essere intorno ai 5000 casi circa (3500 – 5000) su 35.000 morti per cancro del polmone. Un’arma importante, al momento, in mano agli operatori sanitari (chirurghi e oncologi) è la diagnosi precoce che ha lo scopo di diagnosticare la neoplasia in una fase asintomatica e le cure, chirurgiche ai primi stadi, permettono di ottenere una sopravvivenza a 5 anni al di sopra dell’80%”.

Ma oltre la cura, risulta necessaria la prevenzione: “Il radon è un gas radioattivo che si lega al particolato presente negli ambienti indoor e grazie a questo si deposita a livello dei bronchi, bronchioli e alveoli polmonari”, spiega Alessandro Miani, Presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale. “Se inalato, inizia a decadere rilasciando radiazioni che possono interagire con il DNA cellulare delle cellule circostanti e modificarlo, dando il via al tumore. Ecco perché è molto importante areare sempre molto bene gli ambienti, aprire le finestre 4-5 volte al giorno per cinque minuti in tutti gli ambienti chiusi, dalle case agli uffici. Un gesto semplice capace di abbassare i livelli di tutti gli agenti inquinati indoor, radon compreso”.
E allora, è la Commissione Ambiente del Consiglio nazionale dei Geologi che sottolinea come “sinora, il problema dell’inquinamento indoor da radon nel nostro Paese è stato gestito da due figure professionali: i medici per l’aspetto sanitario, epidemiologico e i fisici per l’aspetto tecnico legato alle operazioni di misura”. Ai fini della prevenzione per ridurre o eliminare l’esposizione della popolazione al radon, i geologi rivestono un ruolo fondamentale per procedere alla mappatura delle concentrazioni del gas e per far dotare tutte le regioni d’Italia di un piano di monitoraggio capillare sulle radiazioni da radon. L’importanza della figura del geologo è data, a differenza dell’Italia, dai paesi esteri nei quali le mappe di rischio sono redatte dai competenti servizi geologici. Vincenzo Giovine, Vice Presidente e Coordinatore della Commissione Ambiente del Consiglio Nazionale dei Geologi: “La geologia, scienza che studia la natura del sottosuolo, può contribuire in maniera fondamentale nella riduzione dei rischi causati da tale gas. Uno studio geologico, condotto a livello territoriale basato sulla distribuzione litologica e stratigrafica dei terreni, permette di definire le aree a maggiore concentrazione di radon. Dalla conoscenza della distribuzione areale e delle concentrazioni – chiarisce il Vice Presidente CNG – è possibile procedere a una programmazione degli interventi utili a mitigare gli effetti dannosi di questo gas. A livello macroscopico, si può indirizzare l’espansione urbanistica verso aree a minor concentrazione e, quindi, a minor rischio, mentre a livello puntuale di singole abitazioni o fabbricati, dopo opportune misurazioni, si possono fornire informazioni che permettano di utilizzare i sistemi più idonei a ridurre e minimizzare la pericolosità del radon. In Italia, considerata la carente situazione a livello di estensione degli studi territoriali, occorre procedere a una mappatura completa del territorio nazionale al fine di completare il quadro delle conoscenze per poi operare, in modo mirato, a porre rimedio al problema”.

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