Grosseto – E’ stato finalmente accertato: quel cranio fossile custodito da un robusto stato di pietra rossa e ritrovato, all’inizio del ‘900, in una cava sul Monte Argentario apparteneva ad un esemplare di acinonyx pardinensis. Un felide vissuto all’incirca un milione e mezzo di anni fa al tempo del pleistocene. Un animale elegante come un ghepardo ma potente come un giaguaro, di grande stazza e dallo scheletro massiccio.
La scoperta è di una equipe di ricercatori dell’Università la Sapienza di Roma, dell’Università di Verona coordinati da Marco Cherin dell’Istituto di Paleontologia dell’Università di Perugia. Il reperto è stato analizzato utilizzando per la prima volta moderne e potenti apparecchiature e sofisticate tecniche tomografiche e in particolare, ha spiegato il prof. Marco Zanatta di Verona : “Il cranio è stato scansionato all’European Synchrotron Radiation Facility mediante la cosiddetta radiazione di sincrotrone, a raggi X a elevata potenza generati da un particolare acceleratore di particelle, in grado di produrre immagini 3D ad altissima risoluzione. Le immagini hanno rivelato alcune caratteristiche anatomiche, fra cui le suture fra le ossa del palato e la morfologia dei denti, che hanno consentito di attribuire il cranio alla specie Acinonyx pardinensis. Ed il paleontologo David A. Iurino ha chiarito: “Il sincrotrone è una tecnologia non invasiva con un’energia enorme, le cui radiazioni riescono ad attraversare anche materiali estremamente densi, limite questo, delle TAC mediche. Le immagini microtomografiche, la loro incredibile risoluzione, ci hanno permesso di ‘smontare’ digitalmente il cranio e studiarne i dettagli. È stato incredibile essere fra i primi ad aver osservato le caratteristiche di questo felide gigante del Pleistocene. Il supporto della tecnologia è stato essenziale nell’analizzare il cranio fossile, conducendo finalmente alla risoluzione dell’enigma che per decenni ha tenuto impegnati i paleontologi”.
LE CARATTERISTICHE DEL FELIDE GIGANTE
“Analizzando il reperto – dice Marco Cherin – abbiamo messo in luce le caratteristiche anatomiche del felide che presentava peculiarità tipiche del ghepardo attuale, come un cranio relativamente arrotondato, un muso corto, denti premolari e molari con cuspidi alte e appuntite, ma anche caratteri tipici delle pantere, come il giaguaro e il leopardo, tra cui i canini massicci, le suture del palato e la stessa massa corporea, che poteva superare gli 80 chili“.
Dunque, aggiunge Raffaele Sardella: “Acinonyx pardinensis non può essere considerato la copia gigante del ghepardo che conosciamo, ma un esemplare a metà strada fra il giaguaro dal morso potente e il ghepardo, che viveva in un ambiente caratterizzato da praterie, zone di boscaglia e grandi specchi d’acqua. Le sue prede predilette erano soprattutto cervi, antilopi e bovini selvatici, animali che un ghepardo non sarebbe stato in grado di abbattere“.
“Lo studio apre scenari interessanti e conferma la necessità di rianalizzare e approfondire la storia evolutiva del ghepardo attuale e delle forme giganti pleistoceniche”, conclude poi lo stesso Raffaele Sardella.