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Buco dell’ozono: a ogni anno il proprio record
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La striscia

Come tutti gli anni, finito l’inverno australe il sole torna a splendere anche sui ghiacci antartici, e l’aria ghiacciata viene bombardata dalla radiazione solare per la prima volta dopo mesi di buio e freddo. Come sempre negli ultimi decenni, questo usuale succedersi delle stagioni porta con se anche un effetto negativo: la distruzione di parte dello strato di ozono che si trova sopra i poli, in stratosfera. Le ostinate molecole di clorofluorocarburi (CFC), affezionatesi alle nubi ghiacciate (polar stratospheric clouds), e ostinate a rimanere lì nonostante gli sforzi mondiali di ridurre la loro produzione, appena vengono risvegliate dai raggi solari tornano a distruggere le innocenti (e per noi, fondamentali) molecole di ozono, riducendone la concentrazione sopra il polo Sud e lasciando perciò passare maggior radiazione ultravioletta. (Mario Molina, uno degli scopritori di questo processo e Nobel per la chimica, è venuto a mancare proprio la settimana scorsa [1])

Il lettore attento di questa pagina (Chi ha paura del buio?, pagina Faceboook ndr) ricorderà che lo scorso anno, per la gioia di molti, questo “buco” nello strato di ozono era stato il più piccolo mai osservato negli ultimi 50 anni. E quest’anno? Purtroppo non potremo dire lo stesso. Anzi, sembra proprio che quest’anno il buco sia molto più grande del solito (60% di Ozono in meno rispetto a luglio, mentre l’anno scorso era circa il 20%).Una differenza tanto grande in un solo anno è spiegabile con le anomale condizioni dinamiche tra le due primavere: se l’anno scorso il vortice polare invernale era stato particolarmente debole, riscaldando l’aria polare e inibendo la formazione delle nubi di ghiaccio necessarie per i processi di distruzione [2], quest’anno ci ritroviamo con il record opposto, con un vortice polare estremamente intenso che è risultato in un maggior raffreddamento, e molte più nubi di ghiaccio. Cos’è questo vortice polare? È una “fascia” di venti molto forti che spira in senso orario ai confini dell’Antartide, molto in alto, e la cui forza è determinata dalla differenza di temperatura tra equatore e polo. Più questi venti sono forti, più è difficile per l’aria calda delle medie latitudini arrivare al Polo.Ennesima dimostrazione di quanto complesso e variabile sia il comportamento del nostro pianeta, ma anche di quanto le nostre azioni passate possano ancora influenzare il nostro presente. Se non fosse per la continua presenza dei CFC, che ormai non produciamo più ma che rimangono nell’atmosfera per secoli, tali oscillazioni dinamiche della nostra atmosfera ci risulterebbero per lo più indifferenti.

References [1] https://www.ilpost.it/…/mario-molina-morto-nobel…/ [2] https://agupubs.onlinelibrary.wiley.com/…/2020JD032723 Articolo ESA: https://www.esa.int/…/Antarctic_ozone_hole_is_one_of…

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