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CETA, dopo il “no” di Di Maio scoppia il caso “Parmesan”
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La striscia

“Esprimiamo soddisfazione per la conferma da parte del Governo dell’intenzione di bocciare la ratifica del CETA, trattato di facilitazione commerciale tra Europa e Canada. Un risultato importante arrivato dopo oltre due anni di lavoro e di dialogo delle nostre organizzazioni con il Parlamento, che ci ha portato anche a sostenere la costituzione di un Intergruppo parlamentare No CETA che sostiene questa proposta”. Così Coldiretti, Cgil, Arci, Acli Terra, Fairwatch, Fare Ambiente, Greenpeace, Legambiente, Ecoitaliasolidale, Slow Food, Adusbef, Federconsumatori, Movimento Consumatori, Fondazione Campagna Amica, Fondazione Isscon e Fondazione Univerde all’indomani del “no” italiano di Luigi Di Maio, chiedono al Governo di condividere una roadmap per far si che il decreto di ratifica arrivi quanto prima in Parlamento e sottoposto al voto per la bocciatura, in coerenza con gli impegni assunti in campagna elettorale da tutte le forze di Governo e parte dell’opposizione.

Il caso del grana padano
E ieri mattina è scoppiato il caso del Grana Padano: il Corriere della Sera riporta le affermazioni del Presidente del Consorzio del Grana Padano Cesare Baldrighi sulle esportazioni di Parmigiano Reggiano e Grana Padano in Canada e titola “I produttori «dop» a favore del Ceta:
Grana e parmigiano vendono di più”. Non si fa attendere la risposta di Coldiretti che tuona: Baldrighi s’informi: “Sulla base dei dati Istat piu’ aggiornati, in netta controtendenza all’aumento fatto registrare sui mercati mondiali, le esportazioni di Parmigiano Reggiano e di Grana Padano in Canada sono crollate del 10% in valore e del 6% in quantità nel primo trimestre del 2018 rispetto al quello dell’anno precedente. Questo è il confronto piu’ significativo per valutare gli effetti preliminari dell’accordo di libero scambio con l’Unione Europea (Ceta), entrato in vigore in forma provvisoria solo il 21 settembre 2017”.
Insomma, un botta e risposta che non è destinato a placare le polemiche, anche perché la Coldiretti aggiunge: “A diminuire in Canada sono state anche le esportazioni dall’Italia dell’intera categoria formaggi e latticini che risultano in calo in valore del 2% nel primo trimestre del 2018 rispetto allo stesso periodo dell’anno, sulla base delle elaborazioni Coldiretti su dati Istat. Al contrario nei primi tre mesi del 2018 sono stati prodotti in Canada ben 3 milioni di chili di falso Parmigiano Reggiano (Parmesan), 2,3 milioni di ricotta locale, 970mila chili di Provolone taroccato senza dimenticare che ci sono addirittura 36,1 milioni di chili di mozzarella e ben 68mila chili di un non ben identificato formaggio Friulano, che certamente non ha nulla a che vedere con la Regione più a Nord est d’Italia, secondo le elaborazioni Coldiretti sui dati dell’ultimo rapporto del Governo canadese”.
E poi, conclude l’affondo a Baldrighi: “Stupisce e preoccupa – sottolinea la Coldiretti – che il presidente del Consorzio non conosca gli ultimi numeri aggiornati delle vendite sui mercati esteri dei prodotto che dovrebbe tutelare e si avventuri in considerazioni errate supportate da dati vecchi e fuorvianti, quando sarebbe bastato fare una verifica sul sito del commercio estero dell’Istat facilmente accessibile a tutti (https://www.coeweb.istat.it). Ancora piu’ grave – continua la Coldiretti – è che non venga neanche citato il fatto che con il trattato l’Unione Europea per la prima volta si autorizza all’estero l’utilizzo della traduzione inglese Parmesan del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano, per formaggi che non hanno nulla a che fare con le due specialità Made in Italy piu’ vendute nel mondo. Un precedente disastroso a livello internazionale – sottolinea Coldiretti – contro il quale si sono battuti da sempre i Consorzi di Tutela dei due formaggi che hanno proprio nelle imitazioni il concorrente piu’ temuto all’estero”.

Per l’Italia l’opposizione è quindi giustificata dal fatto che con il Ceta per la prima volta nella storia l’Ue legittima in un trattato internazionale – conclude Coldiretti – la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, un cavallo di Troia nei negoziati con altri Paesi, dal Giappone al Messico, dall’Australia alla Nuova Zelanda fino ai Paesi del Sudamerica (Mercorsur) che sono stati così autorizzati a chiedere lo stesso tipo di concessioni.
Infatti, sulla base del trattato oltre 250 denominazioni di origine (Dop/Igp) italiane riconosciute dall’Unione Europea non godranno di alcuna tutela sul territorio canadese mentre per la lista dei 41 prodotti Made in Italy ipoteticamente tutelati sono previste importanti eccezioni come il via libera all’uso delle traduzioni dei nomi dei prodotti tricolori (un esempio è il parmesan) ma anche la possibilità per alcune tipicità (come asiago, fontina e gorgonzola) di usare per le imitazioni canadesi gli stessi termini se erano presenti sul mercato nordamericano prima del 18/10/2013 mentre se l’attività è stata avviata successivamente si dovrà semplicemente aggiungere una indicazione come “genere”, “tipo”, “stile”.

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