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Uccelli di montagna, popolazioni in calo in Europa: meno 10% in 12 anni
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La striscia

Gli uccelli “specialisti” di montagna sono diminuiti del 10% tra il 2002 e il 2014.

È quanto emerge in modo preoccupante da una ricerca che ha raccolto per la prima volta le informazioni sulle tendenze di popolazione degli uccelli di montagna in Europa, un lavoro frutto di uno sforzo congiunto di 12 paesi europei e parte del network dell’European Bird Census Council (EBCC), cui aderisce anche l’Italia. Le montagne conservano comunità animali peculiari che non sono necessariamente presenti in altri paesaggi e che possono essere particolarmente sensibili ai cambiamenti climatici. Inizialmente esse possono modificare il proprio range altitudinale per mantenere le condizioni climatiche ottimali ma l’estensione delle aree adatte alla loro permanenza naturalmente decresce più ci si avvicina alla cima.
Lo studio, tra i cui autori compaiono gli italiani Tommaso Campedelli e Gianpiero Calvi, che collaborano con la Lipu nel progetto Mito, ha esaminato le popolazioni di 44 specie di uccelli comuni di montagna nelle aree montagnose della Fennoscandia, in quelle britanniche, in Alpi e Appennini (considerati congiuntamente), e, infine, nella penisola iberica. Tra le specie di montagna 14 sono risultate in diminuzione e 8 hanno invece mostrato trend positivi. Il calo è stato del 10% e si è verificato tra il 2002 e il 2014. In media l’abbondanza delle specie studiate è diminuita del 7% nel corso dello studio. La situazione degli uccelli di montagna in Europa è dunque peggiore rispetto a quella, ad esempio, delle specie forestali: l’indicatore europeo, per queste ultime, è diminuito nello stesso periodo solo dell’1% risultando dunque praticamente stabile. Le dinamiche di popolazione degli uccelli montani possono essere influenzate, oltre che dai cambiamenti climatici, dalle modifiche nell’uso del suolo. La diminuzione della pastorizia ha ad esempio portato in numerose aree, tra cui Alpi e Appennini, a fenomeni di riforestazione con perdita di pascoli. Questi cambiamenti potrebbero avere effetti negativi sulle specie montane che prediligono ambienti aperti.

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